Giuseppe Daodice

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Giuseppe Daodice di Daodicca (Dalmine, 16 aprile 1882Bergamo, 4 dicembre 1952) è stato un generale italiano, che fu tra le altre cose governatore di Addis Abeba e dello Scioa.

Suo padre, il barone Ferdinando Daodice di Daodicca, apparteneva ad una famiglia di industriali di origini campane installatasi in Lombardia e nobilitata da re Vittorio Emanuele II per il suo finanziamento alla causa d'indipendenza italiana, che si era imparentata alla potente e antica nobiltà locale attraverso il matrimonio del barone Ferdinando e della contessina Isabella Avogadro di Quaregna e Cerreto, appartenente alla famiglia degli Avogadro e diretta discendente del conte, chimico e fisico Amedeo Avogadro.

Giuseppe Daodice, essendo il terzo e ultimo figlio della coppia era destinato alla carriera ecclesiastica e a soli dodici anni fu destinato al seminario di Bergamo; appassionato per la vita militare, si rifiutò apertamente al desiderio dei genitori di entrare in seminario, e questi decisero di iscriverlo alla scuola militare di Venezia, dalla quale passò poi all'Accademia Militare di Modena, dalla quale uscì sottotenente di cavalleria, dalla quale passò alla più moderna artiglieria. Ad appena vent'anni Daodice passò come ufficiale di servizio attivo durante la guerra italo-turca, prendendo parte al conflitto in Libia dall'ottobre 1911, partecipando alle operazioni in Tripolitania, all'occupazione di Ain Zara e alle nuove operazioni in Cirenaica, venendo promosso tenente alla vigilia della vittoria.

Passò due anni di stanza in Libia con la guarnigione italiana a Tripoli, divenendo sin dall'inizio del conflitto un entusiasta interventista al fianco di Gran Bretagna, Francia e Russia contro gli imperi centrali di Germania e Austria-Ungheria; coscritto nel 1915 prese parte con le prime truppe italiane alle battaglie dell'Isonzo, partecipando personalmente alla guerra di trincea e venne gravemente ferito durante la Settima Battaglia dell'Isonzo. Trasferito nelle retrovie per alcuni mesi, dopo aver superato l'amarezza di Caporetto (nella quale era pure presente), partecipò al corso per divenire ufficiale di stato maggiore e come tale, partecipando nelle truppe di Armando Diaz alla battaglia del solstizio, all'offensiva del Piave e alla battaglia di Vittorio Veneto; al termine della guerra venne promosso maggiore (era già stato nominato capitano nel giugno 1918).

Amico di Diaz e di Badoglio, suoi superiori durante la guerra, ammiratore di Gabriele D'Annunzio, nazionalista, monarchico e antisemita, fu però ostile al fascismo, rimanendo scandalizzato dalla forza bruta e delle barbarie degli squadristi nonché nemico delle rivendicazioni sociali di Mussolini; sempre ufficiale di stato maggiore, ebbe una brillante carriera al Ministero degli Esteri (era tra l'altro amico intimo del giovane Ciano) e al Ministero della Guerra, venendo nominato nel 1926 addetto militare a Lisbona e nel 1928 al 1931 addetto militare a Budapest.

Colonnello nel 1934, il culmine della sua fortunata carriera fu la Guerra d'Etiopia, dove fu aiutante di campo prima di Badoglio e poi di Rodolfo Graziani; partecipò alla Prima Battaglia del Tembien dove fu acclamato come il vero vincitore a discapito di Badoglio, alla Battaglia di Passo Uarieu e alla Battaglia di Maychew, dove condusse le truppe italiane all'attacco della guardia imperiale senza aver ricevuto ordini superiori; questo atto (che provocò gravissime perdite sia da parte italiana che da parte etiope) fu molto criticato dalle autorità italiane e dallo stesso Badoglio, ma il riconoscimento al suo coraggio e al contributo dato alla battaglia che invece diede Graziani contribuì alla riabilitazione di Daodice in patria, e il re lo insignì della più alta onorificenza italiana: l'Ordine Supremo della Santissima Annunziata.

Da gravemente biasimare fu invece il comportamento di Daodice nei confronti della popolazione civile etiope ed eritrea: il colonnello italiano, dopo l'occupazione del Corno d'Africa si dedicò infatti allo schiacciare la resistenza locale, utilizzando molto spesso metodi brutali, tra i quali la deportazione in appositi campi di concentramento, l'uccisione in massa dei guerrieri e degli uomini in grado di armarsi di interi villaggi e varie rappresaglie che coinvolsero persino donne e bambini. Da riconoscersi è invece il merito di Daodice quando fu governatore di Addis Abeba: egli mise appunto i progetti dell'ex governatore Siniscalchi, tra i quali la costruzione di una ferrovia, di un quartiere industriale e commerciale e di numerose infrastrutture, acquedotti, uffici postali e ambulatori. Inoltre si trovò a fronteggiare l'avanzata britannica in Etiopia, anche se con scarso successo, e gli ultimi tre giorni di governo italiano ad Addis Abeba dovette cedere il mandato governativo al cognato generale marchese Agenore Frangipani.

Scaduto il mandato governativo nell'aprile 1941 (era stato governatore dal giugno 1940), Daodice tornò in Italia, fu promosso maggior generale e fu deputato al Parlamento Italiano, ritirandosi però a lungo in vita privata e prese parte a solamente sette sedute in due anni di carica di deputazione. Daodice votò contro Mussolini dopo il 25 luglio 1943 e da Frosinone, dove allora risiedeva, fu costretto a fuggire a Caserta e da lì a Brindisi, presso il re e Badoglio. Dopo la guerra subì un processo di defastiscificazione e per i crimini perpetrati in Etiopia fu condannato a quindici anni di lavori forzati, scontandone però solo cinque.

Onorificenze

  • Ordine Supremo della Santissima Annunziata
  • Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro
  • Ordine militare di Savoia
  • Ordine della Corona d'Italia
  • Ordine di Vittorio Veneto