Abile e meticoloso collaudatore,[2] era ritenuto tra i più veloci del Circus della Formula 1,[2] ma la sua carriera nella massima serie fu spesso caratterizzata dalla sfortuna.[2][3] Viene considerato come uno dei migliori piloti a non aver mai vinto un Gran Premio di Formula 1[4] valevole per il mondiale (vinse un GP d'Argentina con la Matra ma era extra campionato) e detiene il record di chilometri percorsi al comando (851,4) tra coloro che non sono riusciti a vincere una gara valida per il mondiale.[5]
Più ricca di successi fu, invece, la sua carriera nelle competizioni a ruote coperte, ossia quelle competizioni che si disputano tra vetture dotate di parafanghi, virtualmente predisposte per il trasporto di un passeggero (a differenza delle monoposto, o auto di formula dotate di un solo sedile e di pneumatici rigorosamente scoperti)[6] tra cui si possono annoverare le vittorie alla 24 Ore di Le Mans 1966, la 24 Ore di Daytona del 1967.
Nel suo palmarès risultano anche le due vittorie ottenute alla Tasman Cup, gara non valida per il titolo mondiale, nelle edizioni 1968 e nel 1969 a bordo di una Ferrari 246 FL, imponendosi, nel secondo anno, su prestigiosi piloti quali Rindt e Graham Hill.
Nel 1960, quando Amon aveva 17 anni, suo padre gli acquistò una Maserati 250 F di Formula 1, era l'esemplare posseduto dalla BRM per studiarla e copiarla, con questa vettura Chris andò forte nelle gare locali e pensò a migrare in Europa[7].
Nel 1963, dalla Nuova Zelanda Amon si trasferì nel Regno Unito, per debuttare nel campionato di Formula 1, a soli 19 anni, con una Lola di Reg Parnell, ma la scomparsa di questi non gli permise di proseguire stabilmente in F1 e allora ottenne l'aiuto del connazionale Bruce McLaren che riuscì a portarlo alla Ford come collaudatore[7]. Nel periodo tra il 1963 e il 1966 corse per anche per Lotus, Brabham e Cooper ma praticamente sempre come rimpiazzo. Allo stesso tempo prese parte ad altre competizioni automobilistiche e si fece notare vincendo nel 1966 la 24 ore di Le Mans pilotando assieme a McLaren una Ford GT40.
Nel frattempo si fece una solida fama di collaudatore e un aneddoto, avvenuto nel '66 durante prove effettuate per la McLaren, ne chiarisce la qualità: dopo una pausa i meccanici gli dissero di aver cambiato le gomme con altre usate ma di mescola diversa, mentre avevano lasciato le gomme che erano già montate; percorsi tre giri Amon dice di essersi fermato e di aver detto :"Ragazzi è incredibile: saranno anche diverse, eppure queste gomme si comportano come le altre. O la cosa è inspiegabile o voi siete dei bastardi"[7].
Nel 1967 fu ingaggiato dalla Scuderia Ferrari con cui avrebbe corso in F1 e nelle gare di durata, la stagione iniziò con due vittorie nei prototipi in coppia con Lorenzo Bandini, dopo la morte di Bandini al Gran Premio di Monaco Amon avrebbe voluto onorarlo con una vittoria alla 24 ore di Le Mans, ma a causa di una foratura e al conseguente strisciamento della sospensione posteriore, che sviluppò un incendio, fu costretto ad abbandonare[7]. Nel campionato di F1 fu quinto nella classifica finale con 4 terzi posti.
Nel Campionato mondiale di Formula 1 1968 ottenne tre pole position e partì spesso in prima fila, ebbe anche l'occasione di vincere tre gran premi: in Spagna, Belgio e Canada, ma a causa di guasti vide sfumare tutte le occasioni e la classifica finale lo vide decimo con un solo secondo posto come piazzamento di rilievo. Nonostante viene considerato dall'ingegner Mauro Forghieri, all'epoca progettista della Ferrari, il miglior pilota collaudatore, da questi eventi comincia a nascere la leggenda della proverbiale sfortuna di Amon, in particolare per i motivi banali per cui avvengono i cedimenti: in Spagna un fusibile rotto che impedisce il funzionamento della pompa della benzina[8] e in Canada la frizione che non va a fondo e dopo 60 giri gli causa la rottura del cambio[9].
All'inizio della stagione 1969, subito dopo la sua affermazione in Tasman Cup, venne duramente attaccato dall'ex pilota inglese Stirling Moss, che lo accusò di non saper guidare sul bagnato e di non essere in grado di prendere decisioni nei momenti più importanti della corsa.[10] Successivamente l'inglese corresse le sue dichiarazioni riconoscendo il pilota neozelandese tra i migliori della sua epoca.[11] La stagione fu, però, disastrosa: il neozelandese non andò oltre un terzo posto al Gran Premio d'Olanda e collezionò cinque ritiri nelle prime sei gare. Al termine del Gran Premio di Gran Bretagna il pilota non prese più parte a gare del campionato mondiale di Formula 1 e, complici dissapori con il team di Maranello riguardanti il ruolo di prima guida, affidato a Jacky Ickx nel precedente campionato e in quello successivo, e questioni economiche, a fine stagione annunciò il suo divorzio con la casa italiana.[12]
Tra March e Matra (1970-1972)
Nel 1970 passa alla neonata March assieme al campione del mondo in carica Jackie Stewart ma, nonostante risulti sempre competitivo nei confronti con lo scozzese, l'annata si chiude in modo disastroso rispetto alle aspettative. Amon e Stewart correvano con la medesima vettura, ma gestita da due team diversi. Stewart, con la March della scuderia Tyrrell capisce che la vettura non era abbastanza affidabile e veloce e, alla fine della stagione, disputa le ultime due gare al volante della nuova monoposto che Ken Tyrrell, divenuto costruttore, gli mette a disposizione, Amon prosegue nel team ufficiale March senza ottenere risultati degni di nota.
La Amon
Nel 1971 passa alla francese Matra, già campione del mondo nel 1969 con Stewart, ma reduce anch'essa da una stagione 1970 anonima; nonostante il potenziale, non riesce a far meglio di una pole position a Monza a fine anno, quando la sfortuna gli impedisce di partecipare alla volata finale a causa della perdita della visiera del casco che lo costringe ai box nel momento in cui era in testa alla gara e aveva provato un allungo. All'inizio della stagione aveva comunque vinto con la Matra il Gran Premio d'Argentina, prova non valevole per il campionato del mondo.
Nel 1972 la migliore occasione di vincere un gran premio si rivelò come la più cocente delle delusioni: al Gran Premio di Francia, sul circuito di Clermont-Ferrand uno dei più impegnativi al mondo, Amon domina i primi 20 giri ma poi un foratura lo costringe a una sosta, quindi attua un grandioso inseguimento che gli vale il giro più veloce in gara, inferiore di soli 5 decimi alla sua pole-position, su quasi 3 minuti di percorso, ma all'arrivo è solo terzo[13]. A rendere più incredibile la sfortuna di Amon c'è il fatto che il motore usato in quella gara era lo stesso che aveva avuto problemi alla precedente 24 ore di Le Mans con la rottura di una biella, infatti la Matra usava gli stessi motori nell'endurance e in F1, con la sola differenza che nell'endurance i pistoni avevano 3 anelli di tenuta invece di 2 e 30-40 CV in meno di potenza, ma nonostante lo stress a cui fu sottoposto non fu il motore a cedere[7].
In un'intervista rilasciata nel 2007 Amon ammise che quest'ultima occasione mancata lo spinse al fatalismo, convinto che ci sarebbe stato sempre qualcosa che si sarebbe guastato nel momento in cui fosse arrivato vicino alla vittoria, tuttavia ritenne anche che l'essere stato uno dei pochi piloti della sua epoca a poter invecchiare, non si possa chiamare che fortuna allo stato puro[7].
Gli ultimi anni (1973-1976)
Abbandona la Matra e nel 1973 passa alla bolognese Tecno che però si rivelerà del tutto insoddisfacente, all'inizio della stagione avrebbe avuto un'occasione per tornare alla Ferrari, perché la Tecno non era pronta e la scuderia di Maranello gli offrì di correre il Gran Premio di Spagna, ma la Martini, sponsor della Tecno, si oppose per timore di perdere il pilota[7]. Correrà ancora alcune stagioni con vetture di scuderie di secondo piano o in fase calante, fino a provare a costruire una vettura (la Amon), il cui rendimento non corrispose alle aspettative.
Le ultime gare con la Wolf lo portarono a conoscere Gilles Villeneuve che correva con la stessa scuderia nel Campionato CanAm e, quando alla fine del 1977 Enzo Ferrari, che lo stimava ancora, lo interpellò per chiedergli un consiglio sul pilota che avrebbe dovuto sostituire Niki Lauda (passato alla Brabham) non si fece pregare e gli caldeggiò il nome del "piccolo canadese".
Grassetto – Pole position Corsivo – Giro più veloce
Squalificato
Ritirato
Non partito
Non qualificato
Solo prove/Terzo pilota
Sport Prototipi
La sfortuna gli si accanì contro in Formula 1, ma nei prototipi colse significative vittorie: la 24 Ore di Daytona e la 1000 km di Monza nel 1967 al volante della Ferrari 330 P4 in coppia con Lorenzo Bandini. Indimenticabile la sua vittoria alla 24 Ore di Le Mans del 1966 in coppia con Bruce McLaren. È ricordata come la vittoria degli "otto metri" nei confronti della vettura gemella (Ford GT40 MKII) di Ken Miles e Dennis Hulme. Nella Tasmania Cup[20], nel 1968, s'impose al volante della monoposto Dino 2400, derivata dalla formula due, battendo Jochen Rindt su Lotus; fu l'unico pilota che riuscì a battere Jim Clark in gare di Tasmania Cup. Jackie Stewart stesso ne riconosceva la grande classe e le doti velocistiche, dicendo che se c'era uno in grado di batterlo, questi era Chris Amon. Fu anche pioniere nel concetto di sicurezza in una monoposto, uno tra i primi piloti a guidare con le cinture di sicurezza, già nel 1968.
Dopo il ritiro
Viveva in Nuova Zelanda dove gestiva uno dei più grossi allevamenti di pecore per la produzione di pregiata lana ed ha pubblicato un'autobiografia sulla sua vita. È scomparso il 3 agosto2016 all'età di 73 anni a seguito di un tumore[21].