Campionato del mondo sportprototipi

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Campionato del mondo sportprototipi
Sport
TipoEndurance
CategoriaVetture sport, gran turismo, prototipi e silhouette
OrganizzatoreFIA
PartecipantiVariabile
Storia
Fondazione1953
Soppressione1992
Numero edizioni39

Il Campionato del mondo sportprototipi (denominazione ufficiale in inglese: World Sportscar Championship) è stato la massima serie di competizioni per vetture sport, gran turismo, prototipi e silhouette.

Organizzato dalla Federazione Internazionale dell'Automobile e Federazione Internazionale Sport Automobilistico tra il 1953 e il 1992, negli anni ha preso la denominazione di Campionato mondiale marche, Campionato mondiale costruttori e Campionato mondiale endurance. Nel 1982 è stato istituito anche il Campionato mondiale piloti.

Caratteristiche

Originariamente in questa serie gareggiavano due categorie distinte di autovetture:

  • GT (vetture derivate da automobili stradali costruite in serie più o meno limitate e generalmente dotate di carrozzeria chiusa)
  • Sport (vetture appositamente progettate e costruite per le gare, sebbene dotate degli equipaggiamenti per l'uso stradale[1], molto spesso dotate di carrozzeria aperta)

a loro volta suddivise in classi in base alla cilindrata del motore.

Dalla prima edizione del 1953, fu uno dei maggiori campionati dell'automobilismo di cui il campionato del mondo di Formula 1 rappresentava una versione per monoposto in gare sprint su circuito.
Piloti ufficiali quali Ascari, Bandini, Castellotti, Collins, Fangio, de Filippis, Moss, Musso, Rodríguez e Taruffi correvano indistintamente nel mondiale di Formula Uno e nel mondiale sport. Accanto a loro potevano correre piloti non professionisti (gentlemen-driver). Questo permetteva ai piloti più dotati di mettersi in luce agli occhi del pubblico e delle case ufficiali.

Il campionato mondiale sport ha avuto il merito di far conoscere l'automobilismo ad una generazione che aveva appena vissuto le fatiche della seconda guerra mondiale; ebbe il merito di accendere la passione degli italiani che potevano ammirare dalle strade, ancora approssimative, della propria città le creazioni della tecnologia e del genio creativo umano.

Il successo di questo tipo di competizioni, in cui le grandi e piccole case automobilistiche potevano "presentare" i propri potenti e resistenti modelli agli spettatori che affollavano i bordi delle strade, fu messo in crisi dalla pericolosità che ne rappresentava al tempo stesso parte del fascino. A seguito di una serie incidenti mortali che coinvolsero anche il pubblico (tra di essi vi fu la tragedia di Guidizzolo alla Mille Miglia del 1957, che decretò la fine della famosa maratona italiana), furono vietate le grandi corse su strada, a beneficio di quelle in circuito.
Con il passare degli anni le corse sono diventate sempre meno un banco prova per le auto e sempre più importanti dal punto di vista del marketing dell'industria automobilistica. Per canalizzare l'attenzione del pubblico e separare con maggior decisione la Formula 1 dalle altre categorie, il campionato per auto "sport e GT" fu indirizzato esclusivamente verso gare di durata relegandolo all'attenzione solo degli appassionati più curiosi. Viceversa la Formula 1 assunse, grazie alla formula delle gare sprint (brevi) e alla forte espansione della televisione che ne assicurò la diffusione di massa, il ruolo di categoria automobilistica per eccellenza.

Corse più importanti

Tra tutte, le seguenti corse sono considerate le più importanti di quelle entrate a far parte della serie nel corso degli anni:

Marche automobilistiche partecipanti

Storia

Il Campionato del mondo sportprototipi è stato organizzato dalla Federazione Internazionale dell'Automobile, tramite i suoi organi sportivi, e disputato ininterrottamente dal 1953 al 1992 per un totale di trentanove edizioni[2].

Inizialmente chiamato Campionato del mondo vetture sport in seguito è stato rinominato Campionato internazionale costruttori, Campionato internazionale marche, Campionato del mondo marche, Campionato del mondo endurance e solo negli ultimi anni Campionato del mondo sportprototipi, quando veniva assegnato alle squadre e non ai costruttori come negli anni precedenti[2]. Nel 1981 è stato istituito anche il Campionato del mondo piloti[2]. Il calendario prevedeva principalmente corse di durata su strada e su pista, ma in alcuni periodi furono inseriti anche rally, gare sprint e in salita. Nel corso degli anni prendono parte al campionato vetture Turismo, Gran Turismo, Sport, Prototipo, Sport Prototipo e di produzione speciale. Tuttavia i vari regolamenti imposti ai costruttori privilegiavano solo una determinata categoria, variabile nei vari periodi, in grado di ambire alla conquista del titolo mondiale[2].

Il periodo di maggiore prestigio del campionato va dagli anni cinquanta alla metà degli anni settanta, quando si sfidavano sui circuiti di tutto il mondo costruttori come Alfa Romeo, Maserati, Ferrari, Aston Martin, Jaguar, Mercedes-Benz, Porsche e Ford affidando le loro macchine ai migliori piloti in circolazione che guidavano indifferentemente qualunque tipo di auto comprese le monoposto di Formula 1. Le scelte regolamentari imposte dagli anni settanta hanno fatto perdere l'interesse generale nei confronti di questo campionato che nei primi anni novanta viene interrotto[2].

Il contesto storico

I primi esemplari di vetture sport, agli albori del XX secolo, sono macchine di serie modificate per aumentarne le prestazioni[3]. I primi regolamenti per le vetture sport da competizione, all'epoca chiamate Turismo, vengono stabiliti solo nel 1923 dall'Automobile Club di Francia che organizzava la 24 Ore di Le Mans ma in seguito vengono adottati anche per la altre corse della categoria[3][4].

Albert Divo al volante della Bugatti T35 C alla vittoriosa Targa Florio del 1929

Le vetture sport per le competizioni vengono regolamentate con maggiore precisione nel 1935 sempre dall'Automobile Club francese che da così vita alla Formula Sport ACF, in Italia ribattezzata Sport Nazionale[4]. Queste particolari macchine da corsa sono costruite in un numero minimo di esemplari, con carrozzaria aperta o chiusa, devono avere le ruote coperte da parafanghi, la porta e un posto guida tale da poter ospitare due sedili, caratteristiche che le rendono completamente diverse dalle monoposto da gran premio[3]. Diverse sono anche le gare a cui partecipa questo tipo di vettura, corse massacranti su strade all'epoca ancora sterrate, come la Mille Miglia, e prove di durata in primordiali circuiti allestiti per l'occasione, prima fra tutte la 24 Ore di Le Mans[3][4][5].

Negli anni trenta le gare per vetture sport riscuotono molto successo tra il pubblico spingendo le case automobilistiche quali Alfa Romeo, Maserati, Bugatti, Aston Martin, Bentley, Mercedes, BMW, Talbot, ad impegnarsi nella realizzazione di auto sempre più competitive e strutture specializzate creando i primi reparti corse[4]. In questo periodo i costruttori internazionali si sfidano alla 24 Ore di Le Mans, alla Mille Miglia, alla Targa Florio, alla 24 Ore di Spa ma anche nelle corse di minore importanza, affidando le loro vetture a campioni del calibro di Tazio Nuvolari, Achille Varzi, Luigi Fagioli e Rudolf Caracciola[4]. La Seconda guerra mondiale interrompe le attività sportive[4]. Nel secondo dopoguerra vengono nuovamente organizzate le corse storiche del panorama internazionale che trovano il consenso del pubblico e dei costruttori allettati dai premi di gara, dai contributi dei finanziatori, dal ritorno pubblicitario e dagli investimenti non eccessivi[4].

Dato il successo riscontrato da questo tipo di competizioni la Commissione Sportiva Internazionale, organo sportivo della Federazione Internazionale dell'Automobile, decide di organizzare nel 1953 il primo Campionato mondiale riservato ai costruttori di vetture sport che nonostante i cambi regolamentari e tecnici sopravviverà fino agli anni novanta[4].

Il mondiale per vetture sport (1953-1961)

Nel 1953, visto il successo riscontrato dalle gare su strada e di durata negli anni precedenti, la Federazione Internazionale dell'Automobile tramite la Commissione Sportiva Internazionale istituisce il primo Campionato mondiale per costruttori di vetture sport denominandolo Campionato del mondo vetture sport[4].

La Ferrari 375 MM in versione berlinetta giudata da Umberto Maglioli alla Carrera Panamericana del 1953.

Le vetture sport utilizzate tra gli anni cinquanta e i primi anni sessanta sono vetture biposto con carrozzeria aperta o chiusa e motori senza limitazioni di cilindrata, progettate e costruite appositamente per le competizioni ma dotate degli equipaggiamenti per l'uso stradale, e suddivise in classi secondo la cilindrata[1][4]. Sono ammesse alle gare del Campionato anche le vetture turismo e gran turismo che però non possono ottenere punti validi per il Titolo.

Le prime edizioni del Campionato comprendono le grandi classiche su strada, Mille Miglia e Targa Florio, e su pista, 24 ore di Le Mans e Tourist Trophy, affiancate da corse più recenti quali la 12 Ore di Sebring, la 1000 km del Nürburgring, la Carrera Panamericana, la 1000 km di Buenos Aires[5]. A sfidarsi sono le case automobilistiche Alfa Romeo, Aston Martin, Ferrari, Jaguar, Lancia, Maserati, Mercedes-Benz, oltre a numerosi piccoli costruttori quali DB, Frazer Nash, MG, OSCA, Panhard e Porsche[5]. I costruttori partecipano al Campionato con squadre ufficiali o affidando le auto a scuderie private[4]. Al volante delle biposto sport si alternano i migliori professionisti dell'epoca, Ascari, Bandini, Castellotti, Musso, Taruffi, Fangio e Moss che gareggiano anche in Formula 1, e i dilettanti chiamati gentleman-driver[5].

Juan Manuel Fangio al volante della Lancia D24 in occasione della vittoriosa Carrera Panamericana del 1953.

L'8 marzo 1953 si disputa negli Stati Uniti la 12 Ore di Sebring, prima prova della prima edizione del Campionato del mondo, vinta da un equipaggio statunitense, Phil Walters e John Fitch, al volante di una macchina americana, la Cunningham C4-R, ma snobbata dai costruttori europei che, tranne la Aston Martin, partecipano solo con squadre private[6].

Protagonista degli anni delle vetture sport senza limitazioni di cilindrata è la Ferrari con le 340 MM, 375 MM, 375 Plus, 750 Monza, 860 Monza, 290 MM, 315 S e 335 S[4][5]. La Ferrari trionfa alla 24 Ore di Le Mans con González e Trintignant, tre volte alla Mille Miglia grazie a Marzotto, Castellotti, Taruffi, e con il contributo di Farina, Hawthorn, Ascari, Maglioli, Fangio, Musso, Hill, Collins conquista i titoli iridati del 1953, 1954, 1956 e 1957. Anche altri costruttori italiani ottengono buoni risultati in questa prima fase del Mondiale: la OSCA, prima alla 12 Ore di Sebring con Moss e Lloyd al volante della MT4, la Lancia che con la D24 vince la Carrera Panamericana e la Mille Miglia per merito di Fangio e Ascari e si piazza al secondo posto nel Campionato del 1954, e in modo particolare la Maserati che con le 300S e 450S schierate per Fangio, Castellotti, Taruffi, Behra e Moss si aggiudica quattro gare ed è seconda nei Mondiali del 1955 e 1956. La Ferrari viene battuta nella classifica mondiale solo dalla Mercedes che con le 300 SLR pilotate da Moss, Fitch e Collins vince Mille Miglia, Tourist Trophy, Targa Florio e il Campionato del Mondo nel 1955, salvo poi abbandonare le gare in seguito alla tragedia di Le Mans di quell'anno[4]. Con le C-Type e D-Type si mette in mostra la Jaguar, seconda nel Mondiale del 1953, che trionfa per tre volte alla 24 Ore di Le Mans con gli equipaggi formati da Rolt, Hamilton, Hawthorn, Bueb e Flockhart, mentre la Aston Martin con le DBR3 e DBR1 vince il Tourist Trophy e la 1000 km del Nürburgring.

La Porsche 718 nella variante RS 61 protagonista tra le vetture sport di piccola cilindrata ma in grado di vincere per due volte la Targa Florio.

Negli anni cinquanta le strade e i circuiti sono ancora molto pericolosi, le auto sempre più potenti e veloci, gli incidenti mortali piuttosto frequenti. Dopo il disastro di Le Mans in cui perdono la vita un pilota e ottantatré spettatori e la tragedia di Guidizzolo dove a perire sono cinque bambini e quattro adulti, la Federazione Internazionale dell'Automobile vara un nuovo regolamento per ridurre le prestazioni delle macchine da corsa imponendo il limite massimo della cilindrata a 3 litri[5].

I primi cambi regolamentari

La Federazione Internazionale dell'Automobile, in seguito al disastro di Le Mans e la tragedia di Guidizzolo, in cui vengono coinvolti oltre ai piloti anche numerosi spettatori, cambia i regolamenti riducendo la cilindrata massima ammessa per le gare a tre litri a partire dal 1958[5].

La Ferrari 250 TR 61 derivata dalla 250 Testa Rossa una delle più vittoriose vetture sport con cilindrata limitata a tre litri.

Il periodo delle vetture sport limitate a 3 litri vede primeggiare ancora la Ferrari con la 250 Testa Rossa affiancata nel 1961 dalla 246 SP, la prima sport a motore centrale costruita a Maranello. Pilotate da Collins, Musso, Bandini e in modo particolare dalla coppia formata da Hill e Gendebien le macchine vincono undici prove iridate, compresa la 24 Ore di Le Mans per tre volte e la Targa Florio in due occasioni, e consentono alla Ferrari di diventare Campione del mondo costruttori nel 1958, 1960 e 1961. L'unico costruttore in grado di spodestare la Ferrari è l'inglese Aston Martin che con le DBR1 guidate da Moss, Fairman, Salvadori e Shelby si aggiudica il suo primo ed unico Titolo iridato nel 1959 dopo il terzo posto della stagione precedente. La Maserati schiera le Tipo 61 che vincono due volte di fila la 1000 km del Nürburgring e le consentono di classificarsi al secondo posto nel Campionato del 1961 anche se molto lontana dalla Ferrari. In questi anni sale alla ribalta la Porsche che con la 718 dotata di un motore entro i 2 litri con la quale trionfa alla 12 Ore di Sebring e per due volte consecutive alla Targa Florio. Il costruttore tedesco arriva vicino alla conquista del Mondiale nel 1960 quando conclude la stagione con gli stessi punti validi della Ferrari ma deve cedere il titolo alla casa italiana per il maggior numero di punti totali.

Nel 1960 la Federazione Internazionale dell'Automobile istituisce un campionato specifico per le vetture gran turismo, denominato Coppa vetture gran turismo, da affiancare al Campionato del mondo vetture sport ed inserisce alcune gare in entrambi i calendari. Dal 1962 le gran turismo, comunemente chiamate GT, diventeranno la classe regina del Campionato a scapito delle Sport a cui verrà dedicata una speciale classifica di categoria[4].

Gli anni delle vetture gran turismo (1962-1965)

Per il 1962 la Commissione Sportiva Internazionale, per conto della Federazione Internazionale dell'Automobile, rivoluziona drasticamente i regolamenti del Campionato del mondo, che verranno mantenuti fino al 1965, privilegiando le vetture gran turismo a danno delle sport e denominandolo Campionato internazionale costruttori gran turismo[4][7].

La Fiat-Abarth 1000 Bialbero protagonista nella divisione minore, qui nella prima versione senza numeri di gara

Le vetture gran turismo destinate a gareggiare nel Campionato sono automobili prodotte in serie limitata ma in numero minimo di cento veicoli all'anno senza limitazioni di cilindrata massima[4]. Le vetture vengono suddivise in tre divisioni in base alla cilindrata ad ognuna delle quali viene assegnato un titolo assoluto e diventano quindi Campioni non uno ma tre costruttori ogni anno[7]. Le vetture vengono portate in gara direttamente dai costruttori ma anche da squadre private[4]. Ad alcune gare partecipano anche le vetture sport e i primi prototipi da competizione che solitamente trionfano nelle gare di maggiore prestigio lasciando alle gran turismo i successi di categoria e nelle prove a loro riservate[4].

I calendari di questo periodo prevedono da quindici a ventidue prove alcune riservate alle vetture gran turismo mentre altre aperte a tutte le categorie[7]. Alle classiche 12 Ore di Sebring, Targa Florio, 1000 km del Nürburgring e 24 Ore di Le Mans, valide anche per il Challenge mondiale endurance, vengono aggiunte gare di minore importanza su pista e su strada, gare in salita e rally[7].

La Porsche 904 GTS dominatrice della divisione intermedia, impegnata alla 1000 km del Nürburgring del 1964

La "Divisione I" è riservata alle vetture con cilindrata entro 1.0 litri nel 1962 e 1963 ed entro 1.3 litri nel 1964 e 1965[7]. In questa categoria la supremazia quasi totale è della Abarth che, in collaborazione con Fiat e SIMCA, si aggiudica per quattro anni consecutivi il Campionato oltre a numerose vittorie assolute nelle gare riservate alla sua divisione e altri successi di categoria[4][7]. La casa torinese di Carlo Abarth partecipa al Campionato con il nome di Fiat-Abarth schierando varie evoluzioni delle piccole Fiat 500 e 600, in particolare le 750 TC e 1000 TC, e la 1000 Bialbero conquistando i titoli del 1962 e 1963. Come Abarth-Simca si aggiudica i titoli nel biennio successivo grazie alla 1300[4]. Altre case automobilistiche che gareggiano nella divisione più piccola, anche se con minore successo, sono la Alpine-Renault, l'Alfa Romeo, la Triumph e la MG che vincono alcune prove di categoria, ma anche la Lotus, la Austin-Healey, la BMW e molte altre[8].

Una Shelby Cobra Daytona Coupe, tipico esempio di vettura gran turismo nella massima divisione, in gara nel 1965.

La tedesca Porsche è protagonista nella "Divisione II", riservata alle vetture con cilindrata entro i 2.0 litri, dove vince nettamente il Campionato dal 1962 a 1965[7]. Con la 356 e la 904 in diverse configurazioni la Porsche centra otto vittorie assolute nelle gare riservate alle gran turismo e nelle corse in salita e quaranta successi di divisione[4]. L'Alfa Romeo si aggiudica alcune prove di categoria con la Giulietta SZ e la Giulia TI Super, la Lotus grazie alla Elite e la Abarth-Simca con la 1300 e la 2000 GT[8]. Altri costruttori che non ottengono vittorie ma solo qualche piazzamento sono la Triumph, la Morgan, la OSCA, la MG, la Alpine, la Volvo, la Volkswagen, la Sunbeam e la TVR[8].

La categoria maggiore, la "Divisione III" per vetture oltre i 2.0 litri, vede dominare la Ferrari che con la 250 GT SWB e la 250 GTO poi evoluta nella 250 GTO/64, entrambe berlinette con motore 12 cilindri da 3.0 litri, vince su pista ma anche nei rally. In quattro anni la Casa di Maranello con le sue gran turismo conquista dieci vittorie assolute, compresi due volte il Tourist Trophy e il Tour de France, ventotto di divisione e i Titoli assoluti nel 1962, 1963 e 1964[4]. L'unica vera avversaria della Ferrari, in pista ma anche fuori, è la Shelby Cobra tanto che si parla di guerra Cobra-Ferrari. Il costruttore ed ex-pilota statunitense Carroll Shelby schiera prima la Cobra Roadster ed in seguito la Cobra Daytona Coupe, costruita con telai AC Cars e motori Ford a otto cilindri, con cui vince il titolo nel 1965, quando la Ferrari non partecipa al Campionato in veste ufficiale per una disputa con la Federazione Internazionale dell'Automobile, ma solo affidando le vetture a scuderie private[4]. Jaguar, Chevrolet, Lancia, Aston Martin, Austin-Healey, Triumph, Alfa Romeo, Morgan e Sunbeam ottengono punti validi per il Campionato ma non lottano mai per il Titolo[8].

L'avvento dei prototipi

Nel periodo in cui il Campionato viene dedicato alle vetture gran turismo, tra il 1962 e il 1965, una parte delle gare in calendario, in modo particolare le grandi classiche di durata e su strada, è aperto alle macchine costruite appositamente per le competizioni, ovvero le vetture sport e i prototipi[4].

Willy Mairesse al volante della Ferrari 250 P uno dei primi esemplari di prototipi da competizione.

Le vetture sport, come negli anni precedenti, sono macchine progettate e costruite per le corse in un numero minimo di esemplari e dotate di motori con cilindrata massima di 3.0 litri[4]. I prototipi sono un innovativo tipo di macchina da corsa la cui principale differenza rispetto alle vetture sport è che possono essere costruiti anche in pezzi unici[4]. I primi esemplari, chiamati nel 1962 prototipi sperimentali, vengono costruiti per disputare il Challenge mondiale endurance e dotati di motori con cilindrata massima di 4.0 litri[4]. Nel 1963, questa nuova categoria viene regolamentata ufficialmente dalla Commissione Sportiva Internazionale che permette ai costruttori di utilizzare motori di qualunque cilindrata ma stabilisce dei vincoli nelle misure della carrozzeria in quanto sulla base di questa macchine rinominate prototipi gran turismo dovrà in seguito essere realizzata una vera vettura gran turismo da vendere al pubblico[4].

La Ford GT 40 il primo prototipo costruito dalla casa americana.

Le grandi classiche dell'epoca, 12 Ore di Sebring, Targa Florio, 1000 km del Nürburgring e 24 Ore di Le Mans, prove valide anche per il Challenge mondiale endurance, vengono dominate dalle vetture sport e dai prototipi che però non concorrono per il Campionato assoluto ma solo per classifiche secondarie, la Coppa vetture sport nel 1962 e il Trofeo internazionale prototipi gran turismo dal 1963 al 1965[4].

La Ferrari porta in gara la 250 TR 61, la 246 SP, la 330 TR, la 330 LM, la 196 SP, la 250 P, la 275 P, la 250 LM, la 330 P, la 330 P2, la 365 P2 e la Dino 206 SP con cui si aggiudica la Coppa di divisione nel 1962, e il Trofeo per i prototipi nel 1963 e 1965, due volte la Targa Florio e quattro volte la 24 Ore di Le Mans oltre a numerose altre corse su pista su strada e in salita[4]. La Casa di Maranello si rende anche protagonista di quella che viene chiamata guerra Ferrari-Ford che nel 1964 spinge la casa americana a costruire un prototipo per partecipare al Campionato, la GT 40 con cui vince la sua prima corsa l'anno successivo[4]. Con diverse evoluzioni delle piccole 718 e 904 la Porsche vince la Coppa sport nella seconda divisione nel 1962 e il Trofeo prototipi nel 1964 in tutte e due le classi in quanto la Ferrari non ottiene punti validi non avendo disputato tutte le prove in programma[4]. Si mettono in luce anche la Abarth, la Lotus, la Maserati, la Chaparral, la Brabham e la Elva che centrano alcune vittorie assolute e di classe, mentre OSCA, Austin-Healey, DB, Aston Martin, Cooper, Bonnet, Alpine e Triumph non vanno oltre qualche piazzamento[8].

L'epoca d'oro delle sport e dei prototipi (1966-1975)

Il decennio che va dal 1966 al 1975 è il momento di massimo splendore del Campionato del mondo sportprototipi, anche se in questo periodo viene chiamato in modi diversi, che è ancora considerato il campionato di maggiore prestigio, più del Mondiale di Formula 1.

I costruttori internazionali, Ferrari, Ford, Porsche, Lola, Chaparral, Alfa Romeo, Mirage e Matra quelli più vittoriosi, si sfidano in gare di durata di sei, dodici e anche ventiquattro ore, Brands Hatch, Sebring, Daytona e Le Mans, o sulla distanza di 1000 chilometri, Monza, Nürburgring, Spa e Brands Hatch per citarne alcune, oltre che su strada in occasione della Targa Florio. La rivalità tra i costruttori va anche oltre le sfide in pista come nel caso di Henry Ford II ed Enzo Ferrari, che danno vita a quella che dai cronisti dell'epoca viene definita la guerra Ferrari-Ford. I migliori piloti dell'epoca, tra cui Scarfiotti, Vaccarella, Surtees, Hill, McLaren, Bandini, Andretti, Rodríguez e Ickx si alternano tra endurance e formula 1, il pubblico riempie i circuiti e i mass media danno grande risalto e visibilità agli eventi.

Questo decennio si può suddividere in tre periodi. Nel 1966 e 1967 il campionato viene riservato ai prototipi senza limitazioni, dal 1968 al 1971 competono le vetture gran turismo senza limiti di cilindrata, le sport 5.0 litri e prototipi 3.0 litri che dal 1972, quando il campionato riprende la validità mondiale, al 1975 diventano la classe regina, l'unica in gara per il titolo assoluto. A partire dal 1972, con la fusione delle classi per vetture sport e vetture prototipo, queste auto vengono definite "sportprototipi"

Le vetture prototipo senza limiti

Nel 1966 e 1967 il Campionato internazionale costruttori, così denominato in questo biennio, viene organizzato e regolamentato dalla Federazione Internazionale dell'Automobile per le prototipo gruppo 6 che diventano la classe regina e quindi l'unica categoria che può competere per il titolo assoluto. Partecipano alle gare anche le vetture turismo, gran turismo e soprattutto le sport per le quali viene istituito il Campionato internazionale vetture sport che comprende tutte le prove del Campionato internazionale costruttori oltre a gare di minore prestigio.

La Alfa Romeo T 33 Spyder, sportprototipo del gruppo 6 entro 2.0 litri, pilotata da Geki alla 1000 km del Nürburgring del 1967.

Le vetture prototipo del gruppo 6 sono prototipi di vetture appositamente costruiti per le competizioni, senza un numero minimo di esemplari realizzati e dotati di motori senza limiti massimi di cilindrata. Le macchine vengono suddivisi in base alla cilindrata in due divisioni, entro e oltre i 2.0 litri equivalenti a 2000 centimetri cubi, per ognuna delle quali viene assegnato un titolo assoluto. Ogni singola stagione vengono quindi assegnati due titoli di uguale valore.

Il campionato per la divisione entro i 2.0 litri viene vinto dalla Porsche per due anni consecutivi. Nel 1966 la Porsche con la 906 batte la Ferrari che schiera la Dino 206 S, conquistando cinque vittorie di classe e una assoluta, oltre alla Targa Florio con una 906 omologata come sport gruppo 4, contro le tre della squadra italiana. Nella stagione successiva, il 1967, la Porsche non ha rivali tanto che con la 910 trionfa alla 1000 km del Nürburgring e con sette vittorie di classe su otto gare si aggiudica il secondo titolo. La Lotus grazie alla Type 47 è l'unico costruttore, oltre a Porsche e Ferrari, a vincere almeno una prova di categoria mentre Austin-Healey, Alpine-Renault, Triumph, Abarth, Alfa Romeo, Chevron, Lancia ottengono solo qualche punto iridato.

La Ferrari 330 P4 Coupé, sportprototipo del gruppo 6 oltre 2.0 litri, pilotata da Nino Vaccarella in occasione della 1000 km di Monza del 1967.

In questo biennio è in atto quella che i giornalisti ribattezzano la guerra Ferrari-Ford dove i due costruttori si affrontano per la supremazia nella massima divisione del campionato. La Ferrari schiera, per il 1966, la 330 P3 con cui vince a Monza e Spa ma non riesce a battere la Ford che trionfa con la GT40 nelle versioni Mk I e X-1 Roadster a Daytona, Sebring e Le Mans conquistando il suo primo titolo assoluto con due punti di vantaggio sulla rivale italiana. Al terzo ed ultimo posto in classifica si piazza la Chaparral, costruttore statunitense, che con la 2D si impone al Nürburgring. Nel 1967 si scontrano per il titolo la Ferrari, la Ford e la Porsche. La Ferrari trionfa a Daytona con la 330 P3 e a Monza con la 330 P4, la Porsche centra la vittoria assoluta alla Targa Florio e altre due di divisione grazie alla 910 dotata di motore con cilindrata aumentata, la Ford si impone a Sebring e Le Mans con la GT40 Mk IV. La Ferrari vince il suo undicesimo Campionato precedendo nell'ordine Porsche e Ford. La Mirage è prima a Spa con la M1 derivata dalla Ford GT40 Mk I, la Chaparral a Brands Hatch con la 2F, mentre la Lola e l'Alfa Romeo riescono a ottenere qualche punto.

Le sport 5.0 litri contro i prototipi 3.0 litri

Nel 1967, con l'intenzione di ridurre le velocità raggiunte a Le Mans e sugli altri circuiti veloci di quell'epoca dai prototipi di Gruppo 6 "oltre 2 litri" e allo scopo di coinvolgere nelle gare di durata le case costruttrici dei motori da 3 litri utilizzati in Formula Uno, la Commissione Sportiva Internazionale (C.S.I. - all'epoca il settore indipendente della FIA dedicato alle competizioni) annunciò l'istituzione di un nuovo Campionato Internazionale Marche. Tale competizione si sarebbe disputata nelle quattro stagioni sportive che andavano dal 1968 al 1971 e vi avrebbero gareggiato i prototipi di Gruppo 6 con cilindrata limitata a 3 litri[9].

Ben conscia che pochi costruttori fossero già pronti a misurarsi con tale sfida, la Commissione permise di competere per il titolo anche alle vetture Sport di Gruppo 4, purché prodotte almeno in 50 esemplari. Tale deroga era stata pensata per allargare la rosa dei concorrenti a vetture già esistenti, come la ormai vetusta Ford GT40 Mk.I e la più recente Lola T70 coupé.

La stagione 1968 vide il serrato confronto tra la squadra ufficiale Porsche e il team inglese J.W. Automotive Engineering Ltd., che gareggiava con le loro Ford GT40 Mk.I derivate dalla Mirage M1 e grazie ai finanziamenti della Gulf Oil, che terminò solo all'ultima gara, la memorabile 24 Ore di Le Mans 1968, disputatasi a settembre a causa del rinvio dovuto ai disordini del maggio francese. La Ferrari e la squadra ufficiale Ford boicottarono il mondiale contro le nuove regole, ma poi la casa italiana costruì un prototipo da 3.000 cc nell'inverno del 1968, denominato 312 P, col V12 di quest'ultima direttamente derivato dal 3 litri della 312, che gareggiava in Formula 1[9].

Intanto nell'aprile 1968 la CSI aveva annunciato che, visto lo scarso numero di iscrizioni ricevute per la categoria degli Sportprototipi di Gruppo 6 di 3 litri di cilindrata, a partire dalla stagione 1969 sarebbero bastati 25 esemplari prodotti, anziché 50, per competere nel Gruppo 4 del mondiale fino alla fine del ciclo regolamentare, fissato al 1971[10].
Tale mossa mirava a permettere l'omologazione nel Gruppo 4 di automobili come la Ferrari 275 LM e la Lola T70, che non erano ancora state prodotte nel numero richiesto di pezzi (sebbene venissero contati anche gli esemplari in versione aperta della Lola T70 per le gare Can-Am).

A partire dal luglio 1968 la Porsche sostenne un sorprendente sforzo tecnico ed economico per trarre vantaggio da tale modifica regolamentare, decidendo di concepire, progettare e realizzare 25 esemplari di una vettura completamente nuova per la categoria Sport che avesse un obiettivo sottinteso: ottenere la prima vittoria assoluta di una Porsche alla 24 Ore di Le Mans. In soli dieci mesi la Porsche 917 fu sviluppata a partire dalla Porsche 908 con tecnologie di punta e un esteso utilizzo di titanio, magnesio e leghe esotiche mutuate dalle esperienze della Casa con le leggerissime vetture per le cronoscalate. Dopo una prima infruttuosa ispezione da parte dei commissari della CSI, l'omologazione fu concessa solo il 20 aprile, quando Ferdinand Piëch mostrò loro 25 917 parcheggiate davanti alla sua fabbrica[11].

La stagione 1969 si volse a favore della squadra ufficiale Porsche, che vinse quasi tutte le gare con le diverse versioni della sua 908, rivelatasi più facile da portare al limite rispetto alla più prestazionale ma più acerba Porsche 917 (che vinse solo l'ultima gara all'Österreichring[11]), ma che perse in volata la gara di Le Mans, andata alla stessa Ford GT40 vincitrice l'anno prima.

Per poter competere ad armi pari con la Porsche e rispondere colpo su colpo, nel giugno 1969 Enzo Ferrari cedette metà della sua azienda alla FIAT e con quel denaro costruì 25 vetture spinte da un motore V12 di 5 litri. Gli ci vollero nove mesi per produrre 25 512S, gran parte delle quali sarebbero state vendute a team privati per la stagione 1970. Questi erano la Scuderia Filipinetti, la N.A.R.T., l'Écurie Francorchamps, la Scuderia Picchio Rosso, il Gelo Racing Team e la Escuderia Montjuich; Porsche si appoggiava invece alle scuderie JWA Gulf e KG Salzburg (emanazione austriaca della casa, in seguito sostituita dalla Martini Racing) che godevano del supporto diretto della casa madre e a team privati come la AAW Shell Racing e il David Piper Racing.

La stagione 1970 segnò l'inizio dell'epopea della Porsche 917 "Gulf Racing" del team di John Wyer, che conquistò 6 gare su dieci, a cui si aggiunsero altre due vittorie dello stesso team con la superspecialistica Porsche 908/03 alla Targa Florio e alla 1000 km del Nürburgring, mentre la Scuderia Ferrari fece sua solo la 12 Ore di Sebring approfittando della iniziale inaffidabilità tedesca[12].

Nello stesso anno, mentre ancora infuriava in pista lo scontro agonistico tra la dominatrice Porsche 917 e la sfidante Ferrari 512S, la Commissione Sportiva Internazionale annunciò che per la stagione 1972 le vetture sport con cilindrata di 5 litri non avrebbero più potuto partecipare al Campionato Internazionale Marche, lasciando campo libero alle vetture "prototipo" con motore da 3 litri: le reazioni delle due case costruttrici furono diametralmente opposte e, mentre i tedeschi decisero di interrompere il loro impegno ufficiale alla fine della stagione 1971 (per poi impegnarsi maggiormente in nordamerica nel Campionato CanAm in cui già gareggiavano), gli italiani decisero di abbandonare per il 1971 lo sviluppo della "512" e di realizzare una nuova vettura "prototipo" con tecnologia e motore da Formula 1, partendo da componenti comuni con la loro nuova monoposto Ferrari 312 B che aveva appena debuttato in Formula 1, per ritrovarsi tra le mani una vettura già collaudata all'entrata in vigore del nuovo regolamento[13].

Il mondiale 1971 vide il ripetersi della Porsche, gestista da Wyer, che colse molte doppiette e fece suo il campionato. Oltre al team inglese ottennero successi il Martini Racing con le sue Porsche a Le Mans e al Nürburgring e l'Autodelta con le sue Alfa Romeo Tipo 33 a Brands Hatch, alla Targa Florio e a Watkins Glen. Quell'anno la Ferrari, con la debuttante 312 PB, ebbe una stagione interlocutoria, dove comunque la barchetta dimostrò un grande potenziale arrivando a competere con le ben più potenti Gruppo 5, preparando così i successi che sarebbero arrivati nella stagione successiva[13].

Restano solo le sportprototipo

La Ferrari 312 PB nel 1972

Dal 1972 entra in vigore un regolamento che privilegia i prototipi con cilindrata limitata a tre litri denominati Sport Gruppo 5[14]. Questo tipo di vettura, per volere della FIA, è molto vicino alle monoposto di Formula 1 con cui condivide parti strutturali e i motori: protagoniste di questo periodo sono la Ferrari,la Matra, l'Alfa Romeo e la Mirage[14].

La Matra MS 670 nel 1973

La stagione 1972 viene dominata dalla Ferrari che schiera la 312 PB, pilotate tra gli altri da Jacky Ickx, Mario Andretti, Arturo Merzario e Clay Regazzoni, con cui vince le dieci prove a cui partecipa, su undici totali, conquistando il suo dodicesimo ed ultimo Mondiale marche. La Matra vince la 24 Ore di Le Mans che è il suo obiettivo stagionale mentre gli altri costruttori come Alfa Romeo, Porsche e Lola ottengono solo piazzamenti[14].

Più combattuto è il Campionato del 1973 con quattro case che riescono a centrare la vittoria assoluta: la Matra vince cinque prove tra cui la 24 Ore di Le Mans, la Ferrari due come la Porsche e una la Mirage[8][14]. La Ferrari ottiene il maggior numero di punti assoluti ma la Matra viene premiata dal regolamento che considera validi solo i migliori sette risultati consegnando alla casa francese il primo Titolo mondiale[8][14]. Quella del 1974 è la stagione della Matra MS 670 che vince nove gare su dieci compresa la 24 Ore di Le Mans per la terza volta consecutiva e conquista il secondo Campionato mondiale marche in due anni. Unici risultati di rilievo per le altre squadre sono la vittoria alla 1000 km di Monza per l'Alfa Romeo e il secondo posto a Le Mans per la Ferrari[8][14].

L'Alfa Romeo 33 TT12 nel 1974

Il 1975 inizia con la vittoria della Porsche alla 24 Ore di Daytona, seguita dal successo dell'Alpine-Renault alla 6 Ore del Mugello poi l'Alfa Romeo vince tutte le sette prove rimanenti con la 33 TT12, di cui quattro grazie ad Arturo Merzario, aggiudicandosi il suo primo ed unico Mondiale marche[8][14]. Per la prima volta la 24 Ore di le Mans, vinta dalla Gulf GR8 di Jacky Ickx e Derek Bell, non fa parte del calendario del Campionato[14].

Nel periodo tra il 1972 e il 1975, complice la crisi del petrolio ma soprattutto il comportamento della FIA teso a privilegiare la Formula 1 rispetto a tutti gli altri Campionati, inizia il declino del Campionato sportprototipi che pochi anni prima era considerato il più importante in assoluto nel mondo delle quattro ruote: la televisione trasmette solo poche gare, le tribune degli autodromi sono spesso semivuote, i costi aumentano e i costruttori preferiscono dedicarsi ad altre categorie[14]. Dalla stagione successiva il Campionato mondiale marche sarà dedicato alle silhouette, vetture da competizione derivate da macchine di serie, mentre per i prototipi verrà istituito il Campionato del mondo vetture sport che durerà solo due anni[14].

Vetture di produzione speciale (1976-1981)

Una Porsche 935 nel 1976

La Federazione Internazionale dell'Automobile e la Commissione Sportiva Internazionale nel 1973 varano un cambio regolamentare per le future edizioni del Campionato, che dal 1976 privilegerà le Vetture di Produzione Speciale, le cosiddette silhouette, escludendo i prototipi cui verrà dedicato il Campionato del mondo vetture sport[15]. Queste vetture, denominate Gruppo 5, devono assomigliare alle auto stradali da cui derivano e mantenerne la scocca originale, il peso deve essere proporzionato alla cilindrata mentre la parte telaistica, motoristica e aerodinamica non è soggetta a regolamentazioni importanti[15].

La BMW 3.5 CSL

Il 1976 vede la sfida tutta tedesca tra Porsche e BMW con le altre case costruttrici a fare da comparse[15]. Partecipano al campionato vetture di Gruppo 3, 4 e 5, suddivise in base alla cilindrata in tre divisioni, ma lottano per il titolo solo le Porsche 935 che vincono al Mugello, Vallelunga, Watkins Glen e Dijon, e le BMW 3.5 CSL prime a Silverstone, Nürburgring e Zeltweg[16]. La 935 è prima di categoria alla 24 Ore di Le Mans, prova non valida per il Campionato vinta dalla Porsche 936[17]. Con 95 punti validi, 10 più della rivale, la Porsche vince il Mondiale marche[8]. La Porsche 935 domina anche la stagione 1977 vincendo otto delle nove gare in calendario con la BMW prima in una sola occasione con la 320i[8][18]. Nel 1978 la solita Porsche senza avversari si aggiudica nove prove su nove in calendario totalizzando 120 punti validi contro gli 8 della De Tomaso seconda classificata[8]. Vista la scarsa adesione al Campionato dal 1979 la Commissione Sportiva Internazionale decide di ammettere alle gare i prototipi che non possono però ottenere punti per il Titolo ma solo puntare alla vittoria nelle singole prove[19]. Il 1979 è anche l'anno del ritorno alle gare di durata della Lancia che con la Beta Montecarlo Turbo si aggiudica al debutto la classifica della Divisione entro i due litri partecipando solo a poche gare[8][19]. Il Titolo assoluto va per la quarta volta consecutiva alla Porsche[8].

La Lancia Beta Montecarlo nel 1980

Il nuovo cambio regolamentare per la stagione 1980 prevede che vengano assegnati gli stessi punteggi per entrambe le Divisioni e che il Mondiale sia attribuito al costruttore che ottiene più punti nella propria Divisione[19]. La Lancia gareggia nella divisione entro i due litri e vince dieci prove mentre la Porsche nella divisione oltre i due litri ne vince nove. Entrambe le squadre ottengono 160 punti validi ma il titolo viene assegnato alla Lancia per il maggior numero di vittorie di divisione[8][19]. Nel 1981 le protagoniste sono ancora le 935 e le Beta Montecarlo che gareggiano praticamente da sole nelle rispettive Divisioni[19]. Entrambe le squadre concludono il Campionato con 100 punti validi e il Titolo va per il secondo anno consecutivo alla Lancia grazie alle sei vittorie di divisione contro le cinque della Porsche[8][19].

L'ennesima rivoluzione dei regolamenti riserva il Campionato 1982 ai nuovi prototipi Gruppo C lasciando alle Gruppo 5 la possibilità di partecipare alle gare senza competere per il titolo.

Prototipi Gruppo C (1982-1992)

Nel 1982 la FIA nel tentativo di fermare l'escalation nello sviluppo dei motori della categoria GT, introdusse una nuova formula specifica denominata Gruppo C, il cui regolamento tecnico prevedeva sport prototipi chiusi con limitazioni nel consumo di combustibile (la teoria è che limitando il consumo di carburante, le prestazioni del motore possono essere tenute sotto controllo e livellate).

Questo cambiamento non fu ben accolto dalle squadre private, mentre le case automobilistiche aderirono sempre più numerose negli anni seguenti. Secondo le nuove regole, per i motori normalmente aspirati era teoricamente possibile competere contro i motori turbocompressi che avevano dominato la serie negli anni settanta e nell'inizio degli ottanta. In più, la maggior parte delle corse venivano disputate su distanze di 500 o 1000 chilometri, solitamente superando le 3 e le 6 ore rispettivamente, in tal modo era possibile dare risalto alla funzione "di resistenza" nella competizione. Anche alle vetture GT di Gruppo B era consentito partecipare alle gare, ma la loro presenza fu sporadica e alla fine sparirono dalla serie e le Gruppo C divennero le uniche protagoniste del campionato.

Porsche fu il primo costruttore a sposare la serie, con la 956, ma presto parecchie altre marche scesero in campo, comprese Jaguar, Mercedes-Benz, Nissan, Toyota, Mazda ed Aston Martin. Mentre i costi aumentavano, venne creata la categoria C2 (originalmente chiamata C Junior) riservata alle squadre private ed ai piccoli costruttori, con più restrittivi limiti al consumo di combustibile. In questa categoria minore, la maggior parte delle automobili erano spinte da motori BMW o Cosworth.

La formula del Gruppo C aveva riportato i costruttori di nuovo in pista, anche se la categoria era un successo, con folle normali di 50.000 o più, 350.000 alla 24 ore di Le Mans, la FIA varò delle nuove regole introdotte nel 1991 su ordine del vice presidente Bernie Ecclestone: macchine da 750 kg e dotate di motori aspirati 3.500cm³ conformi ai motori da Formula 1, spesso gli stessi. Nonostante la potenza fosse generalmente inferiore alla maggior parte delle automobili del Gruppo C degli anni 80 (intorno ai 650 CV rispetto a 750 CV e oltre), questo tipo di automobili sono considerate le più veloci vetture sport di sempre, grazie alla massiccia ricerca effettuata nel campo dell'aerodinamica.

Tuttavia queste nuove regole entrarono in vigore completamente a partire dalla stagione 1992, a causa del tempo necessario per rinnovare il parco vetture, in quanto non tutte le squadre aderirono immediatamente schierando nuovi telai.

Questa nuova generazione di sport prototipi che sulla carta avrebbero dovuto portare ad una riduzione dei costi per i team e livellare le prestazioni delle vetture, portò in realtà ad un massiccio aumento dei costi di gestione, dato che le squadre di vertice svilupparono dei prototipi capaci di stabilire tempi in prova tali da qualificarli intorno a metà griglia di un corrispondente Gran Premio di Formula 1, malgrado un peso superiore di 200 kg e una potenza leggermente minore, poiché, sebbene i motori fossero simili, le versioni per i prototipi erano depotenziate per poter resistere ad una gara di durata.

In breve costruttori abbandonarono la serie, rendendosi conto che i costi di un programma sportivo per far gareggiare un prototipo erano notevolmemte lievitati: oramai oltre ad aver costruito motori adatti alla F1 (mentre prima derivavano da unità di serie anche se opportunamente rivisti), dovevano investire ingenti risorse di denaro anche nello sviluppo della veste aerodinamica dei prototipi, senza però avere lo stesso ritorno mediatico delle gare per monoposto. L'esiguo numero di iscrizioni in vista della stagione 1993, indusse la FIA a sopprimere definitivamente il campionato.

Campionati successivi

Nel 1994 il titolo di campionato mondiale sportprototipi sarebbe ritornato, questa volta nelle mani dell'IMSA per essere usato nella propria serie GT. Il nome venne associato alla categoria superiore dei prototipi fino al 1998, anno in cui la serie si è conclusa. Nel 2012, a 20 anni di distanza dall'ultimo campionato mondiale per vetture sport gestito dalla FIA, quest'ultima in collaborazione con l'Automobile Club de l'Ouest organizza la prima edizione del Campionato del Mondo Endurance FIA, in inglese FIA World Endurance Championship (WEC) basato sull'Intercontinental Le Mans Cup che va a sostituire[20].

Albo d'Oro

Costruttori e squadre

Campionato del mondo vetture sport
Anno Costruttore Vettura
1953 Bandiera dell'Italia Ferrari 340 MM - 375 MM
1954 Bandiera dell'Italia Ferrari 375 Plus - 750 Monza
1955 Bandiera della Germania Mercedes-Benz 300 SLR
1956 Bandiera dell'Italia Ferrari 290 MM
1957 Bandiera dell'Italia Ferrari 290 MM -315 S - 335 S
1958 Bandiera dell'Italia Ferrari 250 Testa Rossa
1959 Bandiera del Regno Unito Aston Martin DBR1
1960 Bandiera dell'Italia Ferrari 250 Testa Rossa
1961 Bandiera dell'Italia Ferrari 250 Testa Rossa - 246 SP
Campionato internazionale costruttori gran turismo
Anno Costruttore Vettura
1962 Bandiera dell'Italia Fiat Abarth (Divisione I)
Bandiera della Germania Porsche (Divisione II)
Bandiera dell'Italia Ferrari (Divisione III)


250 GT - 250 GT0
1963 Bandiera dell'Italia Fiat Abarth (Divisione I)
Bandiera della Germania Porsche (Divisione II)
Bandiera dell'Italia Ferrari (Divisione III)


250 GTO
1964 Bandiera dell'Italia Abarth Simca (Divisione I)
Bandiera della Germania Porsche (Divisione II)
Bandiera dell'Italia Ferrari (Divisione III)


250 GTO
1965 Bandiera dell'Italia Abarth Simca (Divisione I)
Bandiera della Germania Porsche (Divisione II)
Bandiera degli Stati Uniti Shelby (Divisione III)


Cobra Daytona Coupe
Campionato internazionale costruttori
Anno Costruttore Vettura
1966 Bandiera della Germania Porsche (entro 2.0 litri)
Bandiera degli Stati Uniti Ford (oltre 2.0 litri)
Porsche 906
GT40 Mk II - GT40 X-1
1967 Bandiera della Germania Porsche (entro 2.0 litri)
Bandiera dell'Italia Ferrari (oltre 2.0 litri)
910
330 P3 - 330 P4
Campionato internazionale marche
Anno Costruttore Vettura
1968 Bandiera degli Stati Uniti Ford GT40 Mk I
1969 Bandiera della Germania Porsche 908
1970 Bandiera della Germania Porsche 917 - 908
1971 Bandiera della Germania Porsche 917 - 908
Campionato del mondo marche
Anno Costruttore Vettura
1972 Bandiera dell'Italia Ferrari 312 PB
1973 Bandiera della Francia Matra MS670
1974 Bandiera della Francia Matra MS670
1975 Bandiera dell'Italia Alfa Romeo 33 TT-12
1976 Bandiera della Germania Porsche 935
1977 Bandiera della Germania Porsche 935
1978 Bandiera della Germania Porsche 935
1979 Bandiera della Germania Porsche 935
1980 Bandiera dell'Italia Lancia Beta Montecarlo Turbo
1981 Bandiera dell'Italia Lancia Beta Montecarlo Turbo
1982 Bandiera della Germania Porsche 956 - 911 T
Campionato del mondo endurance
Anno Costruttore Vettura
1983 Bandiera della Germania Porsche 956
1984 Bandiera della Germania Porsche 956
Anno Squadra Vettura
1985 Bandiera della Germania Rothmans Porsche 956 - 962
Campionato del mondo sportprototipi
Anno Squadra Vettura
1986 Bandiera della Svizzera Brun Motorsport Porsche 962
1987 Bandiera del Regno Unito Silk Cut Jaguar Jaguar XJR-8
1988 Bandiera del Regno Unito TWR Jaguar Jaguar XJR-8 - XJR-9
1989 Bandiera della Germania Team Sauber Mercedes Sauber C9
1990 Bandiera della Germania Team Sauber Mercedes Sauber C9 - Mercedes-Benz C11
1991 Bandiera del Regno Unito Silk Cut Jaguar Jaguar XJR-12 XJR-14
1992 Bandiera della Francia Peugeot Talbot Sport Peugeot 905

Piloti

Anno Pilota
1981 Bandiera degli Stati Uniti Bob Garretson
1982 Bandiera del Belgio Jacky Ickx
1983 Bandiera del Belgio Jacky Ickx
1984 Bandiera della Germania Stefan Bellof
1985 Bandiera del Regno Unito Derek Bell Bandiera della Germania Hans-Joachim Stuck (ex-aequo)
1986 Bandiera del Regno Unito Derek Bell
1987 Bandiera del Brasile Raul Boesel
1988 Bandiera del Regno Unito Martin Brundle
1989 Bandiera della Francia Jean-Louis Schlesser
1990 Bandiera dell'Italia Mauro Baldi
1991 Bandiera dell'Italia Teo Fabi
1992 Bandiera della Francia Yannick Dalmas

Note

  1. ^ a b (EN) Definizione di Sports Cars: art. 264 dell'Appendice J al Codice sportivo internazionale della FIA, ed.1969 (PDF), su argent.fia.com, Federazione Internazionale dell'Automobile. URL consultato il 4 gennaio 2014.
  2. ^ a b c d e Aldo Zana, L'epopea delle Sport e Prototipi, Giorgio Nada Editore, 2011.
  3. ^ a b c d Guido Staderini, 1910-2000:Le vetture Sport rappresentano il progresso nel campo dell'auto, in Auto da Corsa, Mondadori, 2003, pp. 90-93.
  4. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z aa ab ac ad ae af Maurizio Ravaglia e Gianni Cancellieri, Campionati internazionali di velocità - Campionato del mondo Sport Prototipi, in Enciclopedia dello Sport-Motori, Enciclopedia Italiana Treccani, 2003, pp. 145-160.
  5. ^ a b c d e f g Aldo Zana, 1953-1957: Ferrari contro tutti, in L'epopea delle Sport e Prototipi, Giorgio Nada Editore, 2011, pp. 12-25.
  6. ^ (EN) Sebring 12 Hours 1953, su racingsportscars.com, Racing Sports Cars. URL consultato il 10 gennaio 2014.
  7. ^ a b c d e f g Maurizio Ravaglia e Gianni Cancellieri, Campionati internazionali di velocità - Campionato internazionale costruttori gran turismo, in Enciclopedia dello Sport-Motori, Enciclopedia Italiana Treccani, 2003, pp. 167-168.
  8. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p (EN) World Championship - final positions and tables, su wsrp.ic.cz, World Sports Racing Prototypes. URL consultato il 17 novembre 2013.
  9. ^ a b Francesco Parigi, op. cit. pagg.276-278
  10. ^ M.L. Twite, The World's Racing Cars, 1971, pag. 109
  11. ^ a b (EN) Articolo sulla Porsche 917, su sportscars.tv, www.sportscars.tv. URL consultato il 22 febbraio 2014.
  12. ^ (EN) Wouter Melissen, 1970 Ferrari 512 S - Images, Specifications and Information, su ultimatecarpage.com, www.ultimatecarpage.com, 28 ottobre 2013. URL consultato il 22 febbraio 2014.
  13. ^ a b (EN) Wouter Melissen, 1971 - 1973 Ferrari 312 PB - Images, Specifications and Information, su ultimatecarpage.com, www.ultimatecarpage.com, 18 febbraio 2009. URL consultato il 22 febbraio 2014.
  14. ^ a b c d e f g h i j Aldo Zana, 1972-1975: Nuove regole, in L'epopea delle Sport e Prototipi, Giorgio Nada Editore, 2011, pp. 100-124.
  15. ^ a b c Aldo Zana, 1976-1977: L'oro appannato, in L'epopea delle Sport e Prototipi, Giorgio Nada Editore, 2011, pp. 124-129.
  16. ^ (EN) World Championship for Makes 1976, su wsrp.ic.cz, World Sports Racing Prototypes. URL consultato il 17 novembre 2013.
  17. ^ (EN) Non Championship Races 1976, su wsrp.ic.cz, World Sports Racing Prototypes. URL consultato il 17 novembre 2013.
  18. ^ (EN) World Championship for Makes 1977, su wsrp.ic.cz, World Sports Racing Prototypes. URL consultato il 17 novembre 2013.
  19. ^ a b c d e f Aldo Zana, 1978-1981: Separati in casa, in L'epopea delle Sport e Prototipi, Giorgio Nada Editore, 2011, pp. 124-129.
  20. ^ 2012 FIA World Endurance Championship, su fia.com, Fédération Internationale de l'Automobile www.fia.com, 3 giugno 2011. URL consultato il 22 ottobre 2011.

Bibliografia

  • Denis Jenkinson, Sports Car Racing, Edita, 1982.
  • Janos Wimpffen, Time and two seats, Motorsports Research Group, 1999.
  • Maurizio Ravaglia & Gianni Cancellieri, Enciclopedia dello Sport-Motori, Enciclopedia Italiana Treccani, 2003.
  • Guido Staderini, Auto da corsa, Mondadori, 2003, ISBN 88-370-2239-5.
  • Aldo Zana, L'epopea delle Sport e Prototipi, Giorgio Nada Editore, 2011, ISBN 978-88-7911-535-3.
  • Christian Moity, Endurance: 50 ans d'historie 1953-1963, Etai.
  • Alain Bienvenue, Endurance: 50 ans d'historie 1964-1981, Etai.
  • Jean-Marc Teissèdre, Endurance: 50 ans d'historie 1982-2003, Etai.
  • Janos Wimpffen, Open road & Front engines 1953-1961, David Bull Publishing.
  • Janos Wimpffen, Winged Sports Cars & Enduring innovation 1962-1971, David Bull Publishing.
  • Janos Wimpffen, Spyders & Silhouettes 1972-1981, David Bull Publishing.
  • Janos Wimpffen, Monocoques & Ground Effect 1982-1992, David Bull Publishing.

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