Callinectes sapidus

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Granchio blu
Femmina di Callinectes sapidus presso il Museo dei bambini di Indianapolis
Stato di conservazione
Specie non valutata
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
SottoregnoEumetazoa Bilateria
PhylumArthropoda
SubphylumCrustacea
ClasseMalacostraca
SottoclasseEumalacostraca
OrdineDecapoda
SottordinePleocyemata
InfraordineBrachyura
SezioneEubrachyura
SottosezioneHeterotremata
SuperfamigliaPortunoidea
FamigliaPortunidae
SottofamigliaPortuninae
GenereCallinectes
SpecieC. sapidus
Nomenclatura binomiale
Callinectes sapidus
Rathbun, 1896

Il granchio blu[1] o granchio reale blu[1] o granchio nuotatore [2] (Callinectes sapidus Rathbun, 1896) è un crostaceo decapode brachiuro della famiglia Portunidae[3] tipico di estuari, lagune e altri ambienti salmastri ma presente anche in acque dolci e marine costiere. È una specie autoctona delle coste atlantiche del continente americano dove rappresenta un importantissimo prodotto della pesca. Le sue carni sono molto aporezzate in cucina. È stato ampiamente introdotto e acclimatato al di fuori del suo areale naturale, spesso con gravi effetti dannosi sulle comunità biologiche. In particolare la sua diffusione esplosiva nel mar Mediterraneo a partire dal 2020 ha suscitato allarme per i possibili impatti sugli ambienti costieri e sulle popolazioni di molluschi di interesse economico, allarme che ha avuto una certa eco sui media generalisti.

Distribuzione e habitat

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Areale nativo

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La specie è originaria della parte occidentale dell'oceano Atlantico, dove vive lungo le coste dell'intero continente americano, dalla Nuova Scozia all'Uruguay[4] comprese le Bermuda, l'intero golfo del Messico, il mar dei Caraibi e le piccole e grandi Antille[5]. Nelle acque nordamericane è storicamente riportata la presenza di popolazioni stabili a nord fino a Capo Cod in Massachusetts mentre le segnalazioni in stazioni più settentrionali erano perlopiù riferite a individui o gruppi di individui erratici[6] presenti solo durante la stagione calda[7] e non a popolazioni in grado di autosostenersi data l'assenza di femmine ovigere[8]. Nel 2015 è stata però accertata la presenza di una popolazione stabile nel golfo del Maine, circa 500 km più a nord[8]. La distribuzione nella parte sud dell'areale è meno nota: alcune fonti riportano l'Uruguay come limite meridionale[4] mentre altre riferiscono la sua presenza nel nord dell'Argentina senza però dare informazioni sulla consistenza e la stabilità delle popolazioni[5][9].

Specie introdotta

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La specie è stata introdotta in numerose aree esterne al suo areale come il mare del Nord[4][10], il mar Baltico[4][11], il Mar Nero[4][12], il mar Mediterraneo[4][13] e il Giappone[4][5]. La via di introduzione più probabile è quella accidentale dovuta a stadi larvali pelagici rilasciati assieme alle acque di zavorra delle navi. Altre vie di arrivo di questa specie prese in considerazione sono rilasci più o meno intenzionali, trasporto passivo sugli scafi o in ammassi di alghe o espansioni naturali dell'areale[7]. Tuttavia l'abbondante presenza di questa specie nei pressi di grandi porti negli Stati Uniti e l'ubicazione delle prime colonie in Europa all'interno di aree portuali con traffico transatlantico rendono l'ipotesi del trasporto nelle acque di zavorra quella più probabile e universalmente accettata[14].

Le prime segnalazioni per l'Europa risalgono al 1900 sulla costa atlantica settentrionale francese da cui si è diffusa alle acque dei Paesi Bassi, Germania e Danimarca[15] rimanendo però sporadico con segnalazioni occasionali almeno fino al 1965. Nel mare del Nord, un aumento delle popolazioni si è riscontrato a partire dal 1975[16], mostrando comunque abbondanze molto inferiori a quelle riscontrate nel Mediterraneo[13]. La presenza nel mar Mediterraneo è stata accertata la prima volta in Egitto nel 1940, quindi nel 1937 nel mar Egeo[17] e un anno dopo nell'Adriatico settentrionale; le prime popolazioni naturalizzate nel mar di Levante e nell'Egeo vengono segnalate solo a partire dal 1959; a partire da questi primi nuclei di colonizzazione si assiste a una rapida diffusione della specie nella parte orientale del Mediterraneo mentre, almeno fino al 2006 le segnalazioni per il Mediterraneo occidentale sono sporadiche, occasionali e senza segni di naturalizzazione[18]. Nel 2008 la situazione fotografata dall'atlante delle specie aliene del mar Mediterraneo della CIESM[4] riporta la specie come frequente nel Mediterraneo orientale dall'Egitto alla parte meridionale del mar di Marmara, compresa l'isola di Cipro, e nel golfo di Salonicco, mentre risultava poco comune nell'estremo nord del mare Adriatico. Segnalazioni occasionali erano riportate per il mar Ligure, il golfo del Leone, Malta, il mar Ionio e per entrambe le coste dell'Adriatico centrale[4]. È negli anni 2000 che l'esplosione demografica della specie si osserva nelle regioni dov'è invasiva[17], talvolta in maniera esplosiva come nel caso della foce del fiume Neretva nella ex-Jugoslavia nel quale si è riscontrata una popolazione abbondante e strutturata dopo pochi anni dalla prima segnalazione casuale di un individuo[19]. Nel 2016-2023, la diffusione nel Mediterraneo occidentale ha un forte incremento diffondendosi su tutte le coste del bacino e anche aree esterne allo stretto di Gibilterra come le coste atlantiche della Spagna[20] e del Marocco[20][21] e colonizzando perfino le isole Canarie[20]. L'espansione verso il bacino occidentale, più freddo, del mar Mediterraneo potrebbe essere correlata con l'aumento delle temperature medie di questo mare[22]

Al 2023 il granchio blu risulta presente e naturalizzato in tutto il Mediterraneo[10].

Individuo femminile in posizione d'attacco; è visibile la caratteristica colorazione delle chele

In Italia le prime segnalazioni ufficiali riguardano Marina di Grado e la Laguna di Venezia e datano, rispettivamente, 1949 e 1951; poi, in ordine di tempo, ci sono le segnalazioni per il porto di Genova (1965) e per la Sicilia (1970)[23]; la specie però non pare costituire popolazioni riproduttive almeno fino ai primi anni novanta del XX secolo, tanto che dopo le prime segnalazioni non si sono più avuti riscontri fino al 1991 nella Laguna di Venezia[23]. A partire dal nuovo millennio la colonizzazione delle acque italiane procede in maniera rapida: nel 2006 appare nel Golfo di Trieste[24] in seguito compare nel resto del mar Adriatico[25][26][27] compreso il delta del Po[28], nel mar Ionio[29], nel mar Ligure[30], in Sardegna[31][32], in Sicilia[33][34] e per ultimo viene colonizzato il mar Tirreno[35][36].

Nel 2021 risulta presente in tutti gli ambienti idonei dei mari italiani[37] spingendosi anche all'interno dei fiumi[38][39] fino a oltre 9 km[39].

Benché la presenza del granchio blu sia stata registrata sin dai primi del Novecento sulle coste atlantiche francesi, la sua introduzione nel Mediterraneo è più recente[15]. Le prime notizie di quest'introduzione risalgono al 1962, quando, nella laguna di Berre alcuni esemplari erano stati pescati[40]. A partire dal 2016, la sua presenza si è diffusa in molte lagune della costa mediterranea francese e della Corsica[41]. In Corsica in particolare, le prime notizie della specie risalgono al 1933, ma è a partire dal 2019 che si è rapidamente diffusa lungo le coste dell'isola. Nel 2020 è stata confermata la riproduzione del granchio blu nelle acque corse[42].

Col fine di combattere la diffusione invasiva della specie, diversi strumenti di pesca specializzati sono stati sviluppati e testati, in particolare in Francia. Sebbene i risultati in ambiente controllato sono stati positivi, la loro applicazione in ambito naturale non ha portato i frutti sperati[43]. Le esche non vengono attaccate dai granchi probabilmente a cause dell'abbondanza di cibo in natura. Le nasse con inganni a maglie raffrozate hanno dato i risultati migliori per la cattura dei granchi blu[44].

Esemplare fotografato in Spagna

Sulle coste spagnole, Callinectes sapidus è presente dal 2003[17], anche se la sua presenza è stata sporadicamente osservata a partire dagli anni 2010, ad iniziare dalle lagune della regione dell'Albufera, vicino Valencia[45]. Il 6 dicembre 2014, un esemplare intrappolato in reti da pesca era stato catturato all'imboccatura del fiume Segura, nel sud-est della Spagna[46]. In seguito, la presenza di larve di granchio blu è stata registrata nelle isole Baleari[47].

In Spagna, il granchio blu è anche sfruttato come risorsa dal valore mercantile: femmine gravide vengono rilasciate in mare[48] e i granchi sono pescati ed esportati verso i mercati cinesi e coreani[49].

L'habitat preferito nell'areale naturale di C. sapidus è costituito dalle foci fluviali e le baie a profondità da 0 a 90 metri (ma normalmente in acqua bassa non più profonda di 35 metri) con fondali di sabbia o fango[50]. Il granchio blu è fortemente eurialino ed è reperibile da salinità marine[50] o addirittura superiori[4] all'acqua dolce; è in grado di risalire i fiumi anche per 195 km[50]. La tolleranza all'acqua dolce varia nella vita di un individuo: i primi stadi larvali non sono in grado di tollerare acque molto dissalate[51] e per questo motivo le femmine adulte, dopo aver raggiunto la maturità sessuale ed essersi accoppiate nelle acque poco salate degli estuari, migrano verso il mare o zone a salinità relativamente alta per la deposizione delle uova[50]. I giovani granchi sono invece tolleranti alla bassa salinità e si spostano verso acque salmastre[52]. In generale, tranne che nelle fasi giovanili e nel breve periodo di accoppiamento, i maschi stazionano in acqua salmastra e le femmine in zone a salinità marina o appena più bassa[53]. Tollera anche un'ampia gamma di temperature[4]; le temperature ottimali vanno da 12°C a 24°C con un optimum termico a 23°C[54].

Biologo marino con una femmina immatura (a sinistra del lettore) e un maschio in vista addominale
Addome di una femmina immatura (in alto) e di una matura

C. sapidus ha il carapace largo oltre il doppio della lunghezza[55] con granulature[4] soprattutto nella parte anteriore[55]. Sulla fronte sono presenti due denti non appuntiti[55] di forma triangolare[4], sui lati del carapace nella parte anteriore e laterale sono presenti 9 paia di denti, il più posteriore dei quali molto più grande degli altri e trasformato in una robusta spina diretta esternamente[4]; l'aspetto della spina laterale è variabile tra gli individui e può essere più o meno acuminata o rivolta leggermente indietro[56]. I pereiopodi, ovvero le appendici toraciche o zampe, sono cinque paia delle quali il più anteriore, come in tutti i granchi, è trasformato in chele e definito chelipede; le chele sono molto robuste[55] e più lunghe delle altre quattro paia di arti[4]. Sul lato anteriore del mero, il segmento basale dei chelipedi, sono presenti tre robuste spine[55], mentre una è situata sul lato esterno nella parte finale[4]. Nel carpo, il segmento del chelipede successivo al mero, non sono presenti spine sul lato interno[4]. Il propodio, l'ultimo segmento del chelipede corrispondente alla chela vera e propria, è percorso da carene rilevate cosparse di granuli[56]. Come in tutti i Portunidae l'ultimo paio posteriore di pereiopodi ha i due elementi finali appiattiti in forma di paletta[57]. L'addome è, come in generale nei granchi, piccolo, appiattito e ripiegato sotto il torace, la sua forma costituisce il più evidente dimorfismo sessuale di questa specie: nel maschio l'addome ha grossolanamente la forma della lettera "T" ed è costituito da due segmenti basali larghi, mentre i restanti sono molto sottili; nella femmina ha forma triangolare negli individui immaturi e ovale rotondeggiante in quelli adulti[56][58].

La colorazione del lato dorsale del carapace ha una certa variabilità e va dal grigiastro al verde oliva con sfumature bluastre[4][55][56], le spine sui bordi del guscio possono essere rossastre. Le zampe sono di solito verde brunastro con parti variamente colorate di blu e bianco e articolazioni fra i segmenti talvolta rossicce[56]. La colorazione delle punte delle chele è un carattere che consente di distinguere i sessi: nei maschi sono blu mentre sono rosso aranciato nelle femmine[4][55][56], nel maschio la chela ha lati di colore blu[56], da cui deriva il nome comune.

La taglia massima riportata in letteratura per il granchio blu è una larghezza di 22,7 cm nel maschio e di 20,4 per la femmina[56].

Mediamente la longevità del granchio reale blu è di 3 o 4 anni[59].

Alimentazione

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Due individui intenti a nutrirsi di un pesce volante

Il granchio blu è un animale onnivoro con una dieta scarsamente specializzata. L'alimentazione è basata su pesci, altri crostacei, molluschi e materiale vegetale. Studi condotti nell'areale naturale americano mostrano che la dieta di C. sapidus comprende prevalentemente pesci e loro resti[60][61], molluschi bivalvi[60][61], molluschi gasteropodi[61], policheti[61], crostacei anfipodi, decapodi e misidacei[61], alghe verdi del genere Ulva[60], fanerogame marine del genere Zostera[60] e perfino larve di insetti ditteri Chironomidae[61]. Gli individui di piccole dimensioni consumano relativamente più crostacei, molluschi e vegetali rispetto agli adulti che a loro volta predano animali più grandi e dotati di gusci più duri compresi molluschi bivalvi dotati di conchiglie massicce come le ostriche[60]. I bivalvi costituiscono una frazione consistente della dieta di C. sapidus, la conchiglia viene aperta dal lato della cerniera tagliando il legamento e i muscoli adduttori che tengono chiuse le due valve[62]; vengono scelti per primi gli individui più piccoli e più facili da aprire[63]. Studi condotti in laboratorio mostrano come individui sottoposti a una dieta esclusivamente vegetale abbiano mortalità molto più alta, minori tassi di crescita e minor potenziale riproduttivo di quelli alimentati con cibi animali[64]. Gli adulti mostrano una forte tendenza al cannibalismo nutrendosi frequentemente di altri individui di granchio blu[60], soprattutto delle classi di taglia inferiori[65]. L'alimentazione di C. sapidus nell'areale di invasività è poco nota: uno studio condotto nel golfo di Salonicco in Grecia riporta che la dieta si basa su molluschi bivalvi, crostacei e pesci tra i quali molte specie di grande interesse per la pesca come il cuore spinoso, il fasolaro, la vongola lupino, il cuore di laguna, la cozza, l'ostrica, la vongola verace e il cannolicchio tra i molluschi, il granchio verde e la mazzancolla tra i crostacei, la spigola, i cefali, i saraghi, la mormora, la triglia di scoglio, la sogliola, l' orata e l'ombrina tra i pesci nonchè di policheti, piante terrestri come la salicornia e carogne di animali terrestri tra le quali quelle di gabbiani e serpenti[66]. Una pubblicazione del 2024 mostra come la dieta di C. sapidus nell'estuario del Guadalquivir in Spagna sia composta prevalentemente di pesci e molluschi, con frequenza minore di altri granchi, sedimento e materiale vegetale e solo marginalmente di policheti, gamberi, altri artropodi e cefalopodi[67] mentre uno studio del 2018 indica che nelle acque lagunari della costa mediterranea egiziana l'alimentazione di questa specie sia composta prevalentemente di molluschi seguiti da crostacei, pesci e sedimento e che le femmine consumino molti più molluschi e meno pesci dei maschi[68].

La dieta delle larve pelagiche di C. sapidus è scarsamente conosciuta ma sembra basarsi sullo zooplancton, sebbene comprenda anche una percentuale di fitoplancton sembra che una dieta basata solo su microrganismi vegetali non fornisca nutrienti a sufficienza per completare lo sviluppo larvale[60].

Femmina ovigera fotografata in Uruguay

Il granchio blu arriva alla maturità sessuale tra i 12 e i 18 mesi di vita in base alla temperatura ambientale[59], dopo circa 18 mute, dopo la fase larvale; il numero di mute varia fra maschio e femmina, un po' più elevato per quest'ultima[69] nella quale può arrivare a 20[52]. Al raggiungimento della maturità sessuale il maschio misura mediamente 89 millimetri di larghezza[52]. Il momento dell'accoppiamento è fortemente influenzato dalle condizioni di salinità e di temperatura del mare, ma avviene sempre in acque salmastre[70] a bassa o media salinità, tipicamente negli estuari o nelle acque dissalate appena al di fuori di essi[71]. Il maschio può accoppiarsi più volte nella vita mentre la femmina può farlo solo una volta; la finestra temporale nella quale la femmina può venire fecondata è molto breve: dopo l'ultima muta (muta terminale o puberale) prima che il carapace si indurisca[52]. L'accoppiamento avviene generalmente in estate nell'areale nativo della specie[69]: il maschio avverte la recettività della femmina grazie a feromoni da essa rilasciati[52] e afferra la femmina immatura inserendo le sue chele fra quelle della femmina e il primo paio di zampe e la porta così fino alla sua ultima muta, quando sarà pronta all'accoppiamento. Lo sperma, trasportato da spermatofori, raggiunge le spermateca della femmina attraverso i due pori genitali situati sotto l'addome[69]. Le femmine migrano in seguito in mare aperto oppure in acque ad alta salinità[72]. La femmina può deporre oltre 2 milioni di uova[73], deposte fra i due e i nove mesi dall'accoppiamento[69]. La femmina immagazzina lo sperma ricevuto nell'unico atto di fecondazione che è sufficiente per tre o più fecondazioni ma le deposizioni successive alla prima portano un numero minore di uova[73]. Dopo la deposizione le uova vengono trattenute sotto l'addome della femmina dove vengono tenute in loco dai pleopodi (appendici addominali) formando una massa di colore arancio dall'aspetto spugnoso[74]. Tutte le uova nella massa ovigera si schiudono contemporaneamente in unico evento[75]. Delle larve schiuse dalle uova, sopravvive circa lo 0,000001%. Le cause della mortalità larvale sono varie: possono venire mangiare da vermi o uccise da funghi, possono anche morire a causa della temperatura dell'acqua o della poca ossigenazione[76].

Sviluppo larvale

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Larva zoea di un granchio non identificato
Larva Megalopa di un granchio portunide

Dopo la schiusa, C. sapidus passa attraverso due stadi larvali: quello di zoea e quello di megalopa[76]. Le larve zoea sono caratteristiche per la presenza di lunghe spine frontali e dorsali[77] e per la mancanza di appendici addominali[78]; passano attraverso sette stadi (raramente sei) separati l'un laltro da mute. Lo sviluppo della fase zoea dura da 31 a 49 giorni a 25°C; in questa fase la larva ha bisogno di acque a salinità marina e non tollera acque dolci o oligoaline[77] tanto da non superare il primo stadio di zoea in acqua a salinità inferiore al 20,1 per mille[79]. Le larve zoea fanno vita planctonica[80] in acque superficiali[51], sono attive nuotatrici e possono essere disperse su lunghe distanze dalle correnti[81]. Con il freddo invernale, la crescita rallenta fino a bloccarsi, ma riprende con l'estate. Lo stadio di megalopa dura dai 6 ai 20 giorni, prima che la larva diventi un giovane granchio[82][83][84]. La larva megalopa abbandona lo stile di vita planctonico per divenire bentonica, è comunque una forte nuotatrice ed è in grado di risalire gli estuari per portarsi nelle acque salmastre dove avverrà la maturazione[85]. La metamorfosi da megalopa a giovane adulto è indotta dalla diminuzione della salinità e dalla presenza nell'acqua di composti chimici tipici delle acque fluviali come gli acidi umici[86], durante questa fase le megalope si rifugiano tra le alghe bentoniche per avere riparo dalla predazione[87].

Video sulla predazione di un granchio blu da parte di un polpo messicano (video realizzato in un acquario durante una ricerca)

I predatori naturali del granchio reale blu sono numerosi e includono diverse specie di pesci (anguille, scienidi, Morone saxatilis, trote, alcuni squali, dasiatidi), stelle marine come Asterias forbesi, alcune specie di tartarughe marine (Lepidochelys olivacea) o di uccelli (Larus argentatus, Phalacrocorax auritus, Ardeidae)[88].

Patogeni e parassiti

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Nell'areale nativo C. sapidus è vittima di numerosi patogeni e parassiti tra i quali virus[89][90], batteri[91], funghi[89][92], ciliati[89], amebe[93] e altri protozoi[94], dinoflagellati[95], nematodi[96], nemertini[89][97] metacercarie di trematodi[89][98] e cirripedi rizocefali[99].

Grafico del pescato mondiale di granchio blu fra il 1950 e il 2007

Il granchio blu nell'areale originario rappresenta una voce molto importante della pesca, in particolare negli Stati Uniti orientali dove è uno dei principali prodotti ittici[100]; viene pescato soprattutto in due aree: la baia di Chesapeake e il golfo del Messico (prevalentemente la Louisiana)[101]. Una quota minore di pescato proviene dalla costa atlantica statunitense, soprattutto dalla Carolina del Nord[102]. Nel 2017 gli stati USA maggiori produttori erano nell'ordine Louisiana, Maryland, Virginia e Carolina del Nord[103].

La pesca al granchio reale si effettua prevalentemente tramite particolari nasse denominate crab pot[104] innescate con pesci oleosi come il menhaden[103], altri sistemi meno utilizzati sono i palamiti e le draghe, queste ultime piccole reti a strascico con imboccatura rigida[105] simili al "rapido" impiegato nel Mediterraneo.

Ai fine della pesca i granchi vengono divisi in jimmies (maschi adulti), sallies (femmine immature) e sooks (femmine adulte)[58]. Altra suddivisione commerciale è fra i granchi a guscio tenero perchè freschi di muta, quelli in procinto di mutare e quelli con il carapace già indurito. I primi, sebbene rappresentino una piccola frazione del pescato totale, sono particolarmente apprezzati dai consumatori e spuntano prezzi più alti. In genere per avere granchi teneri vengono catturati individui prossimi alla muta che vengono posti in apposite vasche in attesa della perdita del carapace, quando questa avviene vengono immediatamente separati dagli altri perchè i granchi a guscio tenero sono facilmente vittime di cannibalismo[103].

Esemplari in vendita al porto del Pireo.

Pesca sportiva

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I pescatori amatoriali, per pescare occasionalmente qualche granchio, utilizzano sia i palangari, che le nasse: queste ultime, di dimensioni minori rispetto a quelle utilizzate commercialmente e dalle forme anche assai varie (oltre che cubiche, se ne trovano anche di forma piramidale o cilindrica). In queste trappole l'animale ha maggiori probabilità di fuga e perciò esse devono essere ispezionate più frequentemente, all'incirca ogni mezz'ora.
Un altro metodo assai semplice per pescare questi animali è quello di utilizzare una lampara, per vederli nelle acque fluviali durante la notte, e pescarli con un retino dalle maglie robuste, per evitare che questi animali danneggino la rete con le forti chele.

Negli Stati Uniti[106] orientali questi animali vengono bolliti in acqua, aceto e varie misture di erbe aromatiche: per poterli cuocere a piacimento, essi vengono gettati in scolapasta ed estratti una volta raggiunto il colore rosso, tipico dei crostacei bolliti.
Per estrarre la polpa del granchio, è necessario "scoperchiarlo" e in seguito romperne le varie articolazioni, ricavando un quantitativo di carne modesto rispetto alle dimensioni totali dell'animale. Le branchie, solitamente rimosse, chiamate tomalley o mostarda (a causa del colore), vengono considerate da alcuni una prelibatezza[107].

La carne del granchio blu, ricca di vitamina B12[108], viene utilizzata, oltre che come cibo istantaneo, anche come prezioso ingrediente del crab cake[109] e di altre ricette locali. La carne inoltre può essere trattata per la conservazione in appositi stabilimenti ed essere venduta inscatolata.

I granchi catturati appena dopo la muta, e perciò muniti di guscio ancora molle, vengono privati delle interiora e delle branchie e fritti dopo essere stati immersi in una pastella di uova, farina ed erbe aromatiche.

Conservazione

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C, sapidus non è inserito nella Lista rossa IUCN. La specie non sembra essere comunque una specie vulnerabile e, in assenza di uno sforzo di pesca eccessivo, le popolazioni naturali sono in grado di riprendersi in modo rapido. Gli stock sembrano aver aumentato la loro consistenza soprattutto in seguito a misure di tutela[110].

Il granchio reale blu è una specie aliena e invasiva nel Mediterraneo[111] dove si è adattato al clima, seppur inizialmente con qualche difficoltà, causando danni ormai accertati all’itticoltura e alla coltivazione dei molluschi, anche per via della sua ecologia riproduttiva[112]. Può entrare in competizione negli areali di specie autoctone, danneggiandone la popolazione[113]. Può inoltre rovinare alcuni tipi di reti da pesca con le proprie chele ed introdursi negli allevamenti di pesci e altri animali acquatici danneggiandoli[114][115][116][117][118].

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