Coordinate: 46°23′32.16″N 11°04′38.87″E

Eremo di San Biagio

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Eremo di San Biagio
La facciata della chiesa
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneTrentino-Alto Adige
LocalitàNovella
Coordinate46°23′32.16″N 11°04′38.87″E
Religionecattolica
TitolareBiagio di Sebaste
Arcidiocesi Trento

L'eremo di San Biagio è un complesso di edifici (chiesa cattolica annessa a un antico ospizio/eremo) situato nel comune di Novella, in provincia di Trento; la chiesa è sussidiaria della parrocchiale di San Vitale di Romallo e fa parte dell'arcidiocesi di Trento[1][2][3][4].

Interno

L'epoca di costruzione delle strutture, citate per la prima volta nel 1307, è ignota, collocabile forse nel XIII secolo (alcune fonti ipotizzano erroneamente che la chiesa fosse la prima pieve di Revò, amministrata dai Templari). La funzione della struttura annessa alla chiesa pure è incerta: Vigilio Inama pensava che fosse un semplice ospizio per viandanti e pellegrini, mentre don L. Rosati riteneva che fosse un lebbrosario, dato che a partire dal 1349 il luogo è citato nei documenti come "dosso e chiesa di San Lazzaro", il santo patrono dei lebbrosi; a metà del XIII secolo l'ospizio era gestito da una comunità religiosa composta da quattro frati e due suore; nel 1307 sono presenti solo tre donne, e verso il 1350 solo due uomini[1][2][3].

Della struttura originaria della chiesa, più volte modificata e rimaneggiata, resta assai poco[1]; la parte più antica è la cappella laterale romanica, mentre la chiesa propriamente detta è del Quattrocento[2]. Una visita pastorale del 1537 trovò la chiesa ben tenuta, ma poco coperta, mentre la casa adiacente era in rovina: venne ordinato di riparare il necessario, ma in una successiva visita del 1579 le condizioni erano invece assai peggiorate, e si afferma che l'eremitaggio di S. Biagio e S. Lazzaro, luogo di grandissima pietà e divozione, è quasi abbandonato e convertito in una tana di fiere e in una spelonca di ladri, che hanno lasciato tracce visibilissime dell'empietà e scellerataggini da loro perpetrate. Mura e tetto erano rovinati, la porta meridionale sgangherata, e l'altare venne ritenuto sconsacrato, poiché la pietra sacra era stata smossa[1]. Per poter pagare le riparazioni il beneficio della chiesa venne lasciato vacante per alcuni anni; fu così possibile rinnovare tutto, e inoltre venne aperta una finestra e venne realizzata la volta, sostituendo il preesistente soffitto a capriate[1].

Dal Quattrocento il beneficio venne affidato vari priori religiosi o laici, fino a che nel 1593 la chiesa venne incorporata al seminario vescovile; questo, nel 1658, lo permutò al conte Cristoforo d'Arsio, il quale fece affrescare sulla facciata il proprio stemma e un grande san Cristoforo. A partire dal periodo di amministrazione vescovile, la chiesa venne custodita da un eremita abitante nell'edificio adiacente; nel 1624 è documentato un tal Giacomo Bitner da Slesia, pittore, seguito da Domenico e Nicolò de Dominicis di Romallo, Tommaso Ignazio Tabarelli, Lorenzo Gentilin di Romallo (1693-1708) e Johannes Welliber o Willebor da Brez (doc. 1718); l’ultimo, tal Lorenzo Bertolini da Dambel, giuntovi a vent'anni nel 1725, morì nel 1790 a Revò, in casa Maffei, e venne sepolto nella chiesa[1][2].

A inizio dell'Ottocento il complesso venne adibito a casa colonica, per poi essere messo all'asta dai conti d'Arsio nel 1834; acquistato dall'oste di Revò Giovanni Lorenzoni, restò nelle mani dei suoi discendenti fino al 1993, quando venne acquisito dalla famiglia Facinelli, che vi gestisce un'azienda agricola con frutteti e vigneti di groppello di Revò; vi viene celebrata la messa ogni 3 febbraio (memoria di san Biagio) dal parroco di Romallo[2][5].

L'affresco di san Cristoforo
La cappella laterale

L'eremo si trova su un alto sperone roccioso che sorge isolato dalla forra del torrente Novella, lungo la strada che collega Dambel a Revò, e anticamente era accessibile solo tramite un ponte medievale in pietra: questo, documentato dal 1467, è dotato di un portale d'accesso con tettoia, affrescato da Carlo Bonacina nel 1965 con un'immagine della Madonna con Bambino[1][2]; oggi è presente anche un accesso carrabile che si affaccia direttamente sulla strada provinciale 74.

La chiesa, regolarmente orientata verso est, si presenta con facciata a capanna asimmetrica, coronata da un campanile a vela: è aperta dal portale rinascimentale con due finestre rettangolari ai suoi lati e un oculo in alto al centro; sulla sinistra si staglia il grande affresco di san Cristoforo, assai degradato, mentre sopra l'oculo campeggia lo stemma dei conti d'Arsio[1][2][4]. Annesso a sud della chiesa si trova il "conventino" od ospizio, ora adibito ad abitazione privata[4].

L'interno è composto da un'unica navata voltata a cupola, conclusa dal presbiterio leggermente rialzato, voltato a botte; un ballatoio in legno corre tra le pareti nord e sud della navata. Tra aula e presbiterio si apre un pozzo circolare delimitato da un muretto, collegato a una falda acquifera sotterranea, con la data 1636 sul pavimento[1][3]. Sotto la scala per il ballatoio si trova la lapide dell'ultimo eremita, Lorenzo Bertolini[2].

L'altare, in stile rinascimentale, è in cemento, e nell'antipendio è murata tra due pilastrini un'antica ara romana in calcare rosso: databile al I-II secolo d.C., venne dedicata da un tal P. R. Severo agli dèi Mani di sua moglie Serania Procella. L'ancona ospita una pala raffigurante la Madonna in gloria con i santi Biagio, Francesco e Agostino, attribuita a Francesco Furlanel di Tesero e commissionata da Francesco Sigismondo d'Arsio nel 1697 (come recita la scritta latina in calce, Franciscus Sigismundus Comes ab Arsio canonicus T.A.D.V. Flemmarum 1697). Sull'altare è posto anche un tabernacolo contenente una reliquia del santo titolare, fatto fare dall'eremita Antonio Bertolini[1][2]. In chiesa si conserva altresì un dipinto del 1606 raffigurante il Crocifisso con i santi Rocco e Cristoforo[2].

Sul fianco destro della chiesa, comunicante con la navata, c'è la cappella laterale romanica, circa delle stesse dimensioni e orientata sempre verso est; è articolata in tre piccole navate, separate da colonnine con arcate a tutto sesto e divise in due campate, con volte a crociera interamente affrescate; sul piccolo altarino è collocata una venerata immagine della Madonna con Bambino, opera lignea quattrocentesca di un artista tedesco[1][2][3][5].

  1. ^ a b c d e f g h i j k Weber, vol. II, pp. 102-105.
  2. ^ a b c d e f g h i j k Pancheri, pp. 305-309.
  3. ^ a b c d Eremo di San Biagio, su Il romanico di Vigilio. URL consultato il 15 giugno 2024.
  4. ^ a b c Costa, p. 567.
  5. ^ a b L'eremo di San Biagio, su Parco fluviale Novella. URL consultato il 15 giugno 2024.
  • Armando Costa (a cura di), La Chiesa di Dio che vive in Trento, Edizioni diocesane, 1986.
  • Roberto Pancheri, "In ripa di Novella": uno sguardo al patrimonio artistico di Romallo, Cloz e Dambel, in Guida al Parco fluviale Novella, Nitida Immagine Editrice, 2011, pp. 301-342, ISBN 978-88-87439-27-4. Il testo è in parte riprodotto in Eremo di San Biagio a Romallo, su comunenovella.tn.it, Comune di Novella. URL consultato il 15 giugno 2024.
  • Simone Weber, Le chiese della Val di Non nella storia e nell'arte, II - I decanati di Cles e Fondo, Mori, La Grafica Anastatica, 1992 [1937].

Voci correlate

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