Maria di Serbia

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Maria di Serbia
Maria di Serbia in un affresco della chiesa di Sant'Achilleo ad Arilje
Regina consorte di Bosnia
In carica10 luglio 1461 –
5 giugno 1463
Incoronazione17 novembre 1461
PredecessoreCaterina di Bosnia
Successoreconquista ottomana
Despoina di Serbia
In carica21 marzo 1459 –
20 giugno 1459
PredecessoreElena Paleologa
Successoreconquista ottomana
Nome completoserbo: Мара Бранковић (Mara Branković)
NascitaSmederevo, 1447 circa
MorteÇorlu, 1500 circa
Luogo di sepolturaMonastero di San Luca, Jajce
Casa realeBranković (nascita)

Kotromanić (matrimonio)

PadreLazar II Branković
MadreElena Paleologa
Consorte diStefano Tomašević
ReligioneCattolicesimo

Maria di Serbia (in serbo Мара Бранковић?, Mara Branković; Smederevo, 1447 circa – Çorlu, 1500 circa), battezzata con il nome di Elena (in serbo Јелена?, Jelena), fu l'ultima Regina di Bosnia e despoina di Serbia.

Primogenita di Lazar II Branković ed Elena Paleologa, nacque intorno al 1447 e fu battezzata con il nome della madre. Dopo l'ascesa al trono e la morte prematura del padre, la madre e lo zio Stefan III Branković presero il potere e organizzarono il matrimonio tra la principessa e Stefano Tomašević per consolidare l'alleanza con il Regno di Bosnia contro la minaccia ottomana. I due si sposarono il 1º aprile 1459, l'ottava di Pasqua, ed Elena si convertì al cattolicesimo con il nome di Maria.

Il piano diede scarsi risultati: entro il giugno dello stesso anno gli ottomani avevano invaso e annesso gran parte della Serbia ai propri territori, costringendo i novelli sposi alla fuga in Bosnia.[1] Rifugiandosi alla corte del suocero, Maria portò con sé le reliquie dell'evangelista Luca, custodite nella sua famiglia per generazioni. Con la morte di Stefano Tommaso di Bosnia nel maggio 1461, Stefano fu incoronato re e Maria regina. Il loro regno fu breve: dopo la conquista ottomana della Bosnia, Stefano fu catturato e giustiziato nel giugno 1463, mentre Maria e la suocera Caterina di Bosnia riuscirono a fuggire nella Repubblica di Ragusa con le reliquie di san Luca.[2]

Successivamente, Maria vendette le reliquie alla Repubblica di Venezia, che le concesse di ritirarsi nel Monastero di Santo Stefano sotto i Pini nei pressi di Spalato. A causa delle crescenti tensioni con le autorità veneziane, Maria si trasferì nella Grecia ottomana, dove trovò ospitalità alla corte delle zie Mara e Caterina Branković; tuttavia, un litigio tra le donne nel 1476 spinse Maria a trasferirsi a Costantinopoli, dove godette della protezione di Maometto II e poi di Bayezid II.[3] Trascorse gli ultimi quindici anni della sua vita impegnata in dispute legali contro la Repubblica di Ragusa e il monastero della Grande Lavra per l'eredità rispettivamente del nonno e delle zie.

Genitori Nonni Bisnonni Trisnonni
Vuk Branković Branko Mladenović  
 
 
Đurađ Branković, despota di Serbia  
Mara Lazarević Lazar Hrebeljanović, principe di Serbia  
 
Milica Nemanjić  
Lazar II Branković, despota di Serbia  
Teodoro Paleologo Cantacuzeno Matteo Cantacuzeno, despota di Morea  
 
Irene Paleologa  
Irene Cantacuzena  
Elena Ouresina Doucaina Giovanni Uroš, despota Tessaglia  
 
N. Radoslava  
Maria di Serbia  
Manuele II Paleologo, basileus dei Romei Giovanni V Paleologo, basileus dei Romei  
 
Elena Cantacuzena  
Tommaso Paleologo, despota di Morea  
Elena Dragaš Costantino Dragaš  
 
 
Elena Paleologa  
Centurione II Zaccaria, principe d'Acaia Andronico Asen' Zaccaria, barone d'Arcadia  
 
Catherine Le Maure  
Caterina Zaccaria  
Creusa Tocco Leonardo II Tocco, conte di Cefalonia  
 
 
 
  1. ^ John V. A. Fine, The late medieval Balkans: a critical survey from the late twelfth century to the Ottoman conquest, 2. print, Univ. of Michigan Press, 1994, ISBN 978-0-472-08260-5.
  2. ^ Krešimir Regan, Bosanska kraljica Katarina: pola stoljeća Bosne, 1425-1478, Naklada Breza, 2010, ISBN 978-953-7036-55-3, OCLC 733507154. URL consultato il 5 aprile 2024.
  3. ^ Franz Babinger, Ralph Manheim e William C. Hickman, Mehmed the conqueror and his time, collana Bollingen series, Princeton university press, 1992, ISBN 978-0-691-01078-6.