Seconda battaglia di Novi (1799)

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Seconda battaglia di Novi
parte della guerra della Seconda coalizione
Novi Ligure agli inizi del Novecento
Data24 ottobre 1799
LuogoNovi Ligure e Bosco Marengo, Piemonte
EsitoVittoria francese
Schieramenti
Comandanti
Bandiera della Francia Laurent Saint-Cyr Andreas Karaczay
Effettivi
12 000 uomini[1]5 000 uomini[1]
Perdite
1 200 uomini[1]1 300 uomini
4 cannoni[1]
Voci di battaglie presenti su Wikipedia

La seconda battaglia di Novi o battaglia di Bosco fu uno scontro che vide contrapposte le forze francesi al comando del generale Saint-Cyr e le forze austriache della divisione del vicemaresciallo Karaczay. Lo scontro avvenne nel contesto della guerra della Seconda coalizione.

Contesto storico

[modifica | modifica wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio: Prima battaglia di Novi (1799) e Assedio di Tortona (1799).

Le forze francesi di MacDonald e Moreau erano state sconfitte più volte dal maresciallo russo Suvorov e si erano arroccate sulle montagne della Liguria, tentando di mantenere saldo l'accesso alla pianura Padana e sperando di soccorrere presto la fortezza di Tortona, al momento assediata dall'esercito austro-russo, potenzialmente il punto cardine da cui ricominciare la riconquista dell'Italia settentrionale.[2]

Visti gli insuccessi dei mesi precedenti, il Direttorio inviò in Italia due generali giovani ed ambiziosi, sperando che il loro contributo avrebbe rovesciato le sorti della guerra. Joubert giunse dalla Provenza, portando con sè rinforzi e prendendo il comando dell'Armata d'Italia, mentre Championnet preparava la sua Armata delle Alpi a Grenoble.[3]

Joubert, generale intrepido e combattivo, decise di scendere immediatamente in pianura e di occupare la forte posizione difensiva di Novi, in attesa dell'arrivo del suo collega. Gli ufficiali francesi, visto l'avvicinarsi delle truppe di Suvorov rimasero prudenti e decisero di aspettare, cosa che il maresciallo russo non fece: il 15 agosto 1799 le forze austro-russe si scagliarono con forza contro le posizioni francesi a Novi. Il risultato fu di una vittoria decisiva ma sofferta da entrambe le parti, specialmente quella francese: Joubert cadde nelle prime ore della battaglia.[4]

La partenza dei russi

[modifica | modifica wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio: Campagna svizzera di Suvorov.

Vinto a Novi e cacciati i francesi dalla pianura per l'ennesima volta, le forze di Suvorov poterono dedicarsi in relativa tranquillità all'assedio di Tortona. Nel mentre le cose procedevano e Suvorov pianificava il futuro della sua campagna in Italia, mirando ad'un offensiva in Liguria e Provenza,[5] nuovi ordini giunsero da Vienna: i russi dovevano spostarsi in Svizzera per aiutare le forze dell'Arciduca Carlo, impegnate contro il generale Massena.[6] Le proteste del generale russo non servirono a nulla contro gli ordini dell'imperatore Francesco II e dello stesso zar Paolo I.[7] Completato l'assedio i primi giorni di settembre, le forze russe si incamminarono alla volta del passo del San Gottardo ed iniziarono la nuova campagna sulle montagne elvetiche.[8]

I russi di Suvorov affrontano i francesi sul Ponte del Diavolo, durante la loro campagna in Svizzera

Non si può negare che il teatro svizzero fosse moto più complicato di quello italiano: gli innumerevoli passi montani e le profonde gole rendevano l'intero territorio adatto ad imboscate e attacchi a sorpresa, oltre a ridurre enormemente la velocità di marcia delle truppe. Va inoltre detto che Massena era un ottimo generale ed aveva già avuto esperienza nella guerra di montagna, visto il suo passato nell'Armata d'Italia.

La decisione, apparentemente insensata, di allontanare le forze di Suvorov dall'Italia era dovuta mere considerazioni ed interessi di tipo politico e non militare. Thugut voleva che fosse l'Austria ad avere l'egemonia sul nord Italia e la vittoriosa campagna che Suvorov stava conducendo cozzava con tale progetto: le simpatie italiane si stavano accentrando sulla figura del generale russo, aumentando il peso politico della Russia in Italia.[7] Allontanare immediatamente Suvorov avrebbe avuto l'effetto sperato di aumentare l'influenza austriaca sul territorio, riducendo però il potenziale bellico della coalizione.

Championnet al comando

[modifica | modifica wikitesto]
Jean Étienne Championnet

Mentre Suvorov abbandonava forzatamente la pianura Padana, dai valichi tra Piemonte e Francia iniziavano a giungere le forze dell'armata di Championnet, giunte in forte ritardo a causa di problemi di natura logistica.[5] Championnet si diresse a sud, dove tentò, assieme a Moreau, di rallentare l'avanzata di von Melas, divenuto comandante delle forze alleate in Italia dopo l'addio dei russi, verso la fortezza di Cuneo, ultima roccaforte francese in Piemonte.[9] Dopo un'iniziale vittoria delle forze di Grenier a Fossano, le forze francesi furono sconfitte proprio da Melas a Savigliano,[10][11][12] ponendo momentaneamente fine alle loro operazioni.

Cacciati dalla pianura, i francesi si radunarono. Il generale Moreau, che aveva momentaneamente preso il posto del defunto Joubert, accettò di lasciare il comando delle due armate, nel frattempo venute a congiungersi in una sola, al generale Championnet.[13] Differentemente dai suoi predecessori, Championnet era un uomo più irruento ed era facilmente soggetto ad invidie e gelosie, che gli erano già costate in passato la guida dell'Armata di Napoli[14] e diverse antipatie ai tempi della campagna del Reno, durante la guerra della Prima coalizione. Questo suo modo di essere influenzò le sue decisioni anche in questa campagna militare: il 9 ottobre, Napoleone era sbarcato in Francia, di ritorno della sua avventura egiziana, acclamato dalle genti come il salvatore della Francia. Desideroso di non perdere il comando dell'armata in favore del generale corso, Championnet programmò una nuova offensiva.[15]

L'obiettivo era di riguadagnare parte delle pianure piemontesi. Le motivazioni erano le sguenti: occorreva avere una testa di ponte per le operazioni dell'anno seguente; bisognava allontanare gli austriaci da Cuneo e tentare in ogni modo di mantenerne il possesso[16] ed infine le scorte alimentari presenti in Liguria non erano più sufficienti a sostenere l'armata per l'intero inverno,[17] quindi si poteva sopperire a tale problema sfruttando le risorse agricole prodotte in Piemonte.[15]

Saint-Cyr ed il fianco destro dell'esercito

[modifica | modifica wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia del Passo del Bracco.

Mentre Championnet occupava il centro dello schieramento per dirigere al meglio le operazioni, a Saint-Cyr venne affidato il comando dell'ala destra, che doveva occuparsi non solo di colpire gli austriaci nella zona di Novi e Alessandria, ma anche di proteggere una buona parte della Riviera di Levante ed in particolare Genova. Aveva a diposizione circa 16600 uomini, organizzati nelle divisioni di Watrin, Miollis, Dabrowsky e Laboissière.[18]

Mentre il centro si preparava all'offensiva principale, la destra dell'esercito doveva impedire che giungessero i rinforzi da est. Il piano era di effettuare una serie di operazioni sufficientemente fastidiose da costringere gli austriaci a restare sul posto invece di frapporsi fisicamente tra le armate per impedire la congiunzione. Il 28 settembre, il quartier generale dell'ala destra dell'esercito fu stabilito nel capoluogo ligure. Mentre parte dei suoi uomini si era appostata a protezione della strada principale tra Novi e Genova, Saint-Cyr pianificava di liberarsi degli uomini di Klenau, affidati momentaneamente al suo sottoposto, il generale Karaczay, e stanziati tra Pozzolo Formigaro e Novi.[19]

Klenau, che si occupava della Riviera di Levante, nel periodo precedente si era dimostrato un generale attivo e particolarmente energico, impegnando più volte le forze di Miollis. Il 26 settembre aveva attaccato nuovamente, respingendo Miollis, sebbene quest'ultimo fosse riuscito a mantenere il possesso di Torriglia. Circa una settimana dopo, gli austriaci fecero ritorno ad Alessandria, con Watrin che si occupò di scacciare i resti della retroguardia e far bottino delle provviste che avevano lasciato sul posto. Saint-Cyr ordinò a Watrin di marciare, cercando di aggirare la posizione di Klenau e giungere alle sue spalle mentre le truppe di Dabrowsky e Miollis convergevano sul posto.[20] Le due forze si scontrarono a metà ottobre e furono i francesi ad avere la meglio.[21]

Cacciato Klenau, Miollis e Watrin si ritrovarono assieme. Quest'ultimo voleva inseguire Klenau in Toscana, sconfiggerlo nuovamente e prendere le città di Pisa e Lucca, in modo da poter pagare alla sua divisione cibo e vestiti. Miollis, con gli ordini di Saint-Cyr, impose a Watrin di muoversi verso la pianura piemontese per supportare la manovra di Championnet, come già previsto da tempo. Sebbene rallentate da piogge torrenziali, il 17 ottobre le forze di Watrin giunsero in pianura, dove attesero l'arrivo delle altre divisioni. Rimasero in osservazione della divisione di Karaczay.[22]

Laurent de Gouvion-Saint-Cyr

Il 24 ottobre 1799, nei pressi di Bosco Marengo, le due forze si affrontarono, tenendosi testa per diverse ore. Gli austriaci avevano dalla loro parte una superiore cavalleria ed artiglieria, mentre i francesi erano complessivamente superiori in numero, in un rapporto di oltre due a uno. Alla fine della giornata, grazie alla superiorità numerica, dovuta in parte alle forze polacche del generale Dambrowski, i repubblicani riuscirono a prevalere e a scacciare gli austriaci dalla zona di Novi.

Lo stesso argomento in dettaglio: Terza battaglia di Novi (1799) e Battaglia di Genola.

Il 4 novembre l'esercito di Championnet fu pesantemente sconfitto dalle forze di von Melas a Genola e costretto a ripiegare sulle posizioni precedentemente occupate, perdendo poi anche la città di Cuneo, dopo un breve assedio.

Pochi giorni dopo la sconfitta di Genola, le forze di Saint-Cyr furono coinvolte in nuovamente in una battaglia nei pressi di Novi, uscendone vincitrici. Nonostante ciò, per evitare di rimanere intrappolate in pianura a causa delle nevicate invernali, decisero di ripiegare verso la costiera ligure.

  1. ^ a b c d Bodart, p. 346.
  2. ^ Coppi, pp. 269, 272.
  3. ^ Coppi, p. 273.
  4. ^ Coppi, pp. 274-276.
  5. ^ a b Botta, p. 383.
  6. ^ Graham, p. 245.
  7. ^ a b Jomini XV, p. 224.
  8. ^ Coppi, pp. 279-281.
  9. ^ Botta, p. 385.
  10. ^ Bodart, p. 342.
  11. ^ Graham, pp. 271-272.
  12. ^ Jomini XV, pp. 317-320.
  13. ^ Coppi, p. 283.
  14. ^ Botta, p. 378.
  15. ^ a b Jomini XV, pp. 330-331.
  16. ^ Graham, pp. 291-292.
  17. ^ Saint-Cyr, p. 12. Saint-Cyr chiarisce che inizialmente vi erano delle difficoltà nei rifornimenti, delegati alla repubblica di Genova e che in seguito la cosa continuò ad aggravarsi fino al punto in cui non arrivarono più.
  18. ^ Saint-Cyr, pp. 9-10.
  19. ^ Saint-Cyr, pp. 11-12.
  20. ^ Saint-Cyr, pp. 13-15.
  21. ^ Bodart, p. 345.
  22. ^ Saint-Cyr, pp. 23-34.