Secessione dell'Aventino: differenze tra le versioni

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Il 10 giugno [[1924]], intorno alle ore 16.15, Giacomo Matteotti uscì a piedi dalla sua abitazione romana per dirigersi verso il Palazzo di [[Montecitorio]], sede della Camera dei deputati. In [[lungotevere Arnaldo da Brescia]], secondo le testimonianze,<ref>ASR, FM, vol 1, Testimonianze Amilcare Mascagna e Renato Barzotti, vol.1, fol.22</ref> era ferma un'auto con a bordo alcuni individui. Due degli aggressori balzarono addosso al parlamentare socialista. Matteotti riuscì a divincolarsi buttandone uno a terra e rendendo necessario l'intervento di un terzo che lo stordì colpendolo al volto con un pugno. Gli altri due intervennero per caricarlo in macchina. In seguito i testimoni identificarono la vettura, descritta come "un'automobile, nera, elegante, chiusa",<ref>ASR, FM, vol 1, fol.8 Testimonianza Giovanni Cavanna</ref> per una Lancia Lambda<ref>Gianni Mazzocchi, [[Quattroruote]] Luglio 1984, pag. 54"</ref>. Due giorni dopo il rapimento fu individuata l'auto che risultò proprietà del direttore del ''[[Corriere Italiano (1923-1924)|Corriere Italiano]]'' [[Filippo Filippelli]].
 
Il 13 giugno [[Mussolini]] parlò alla Camera dei deputati affermando di non essere coinvolto nella scomparsa di Matteotti, ma anzi di esserne addolorato. Al termine il [[Presidenti della Camera dei deputati (Italia)|Presidente della Camera]] [[Alfredo Rocco]] aggiornò i lavori parlamentari ''[[sine die]]'', annullando di fatto la facoltà di replica dell'opposizione all'interno del Parlamento.
 
Nel frattempo, le prime indagini, intentate dal magistrato [[Mauro Del Giudice]], difensore dell'indipendenza della magistratura di fronte al potere esecutivo, assieme al giudice Umberto Tancredi, individuò nello [[Squadrismo|squadrista]] [[Amerigo Dumini]] la mano dell'assassino. In breve tutti i rapitori furono identificati come fascisti ed arrestati, ma dopo pochissimo e dietro diretto interesse del [[Duce]], l'incarico gli venne tolto e le indagini vennero fermate.