Secessione dell'Aventino: differenze tra le versioni

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== L'avvenimento ==
Il 26 giugno 1924 circa 130 [[deputato|deputati]] d'opposizione (popolariappartenenti dela [[Partito Popolare Italiano (1919)|PPIPartito Popolare Italiano]], socialisti del [[Partito Socialista Unitario (1922)|PSUPartito Socialista Unitario]] e del, [[Partito Socialista Italiano|PSI]], comunisti del [[Partito Comunista d'Italia|PCd'I]], liberaldemocratici dell'Opposizione Costituzionale e del, [[Partito Democratico Sociale Italiano|PSDI]], repubblicani del [[Partito Repubblicano Italiano|PRI]] e sardi del [[Partito Sardo d'Azione|PSd'Az]]) si riunirono nella ''sala della Lupa'' di [[Montecitorio]], oggi nota anche come ''sala dell'Aventino'', decidendo comunemente di abbandonare i lavori parlamentari finché il governo non avesse chiarito la propria posizione a proposito della scomparsa di [[Giacomo Matteotti]].
 
Le motivazioni dell'abbandono erano state spiegate dal deputato liberaldemocratico [[Giovanni Amendola]] sulsu ''[[Il Mondo (quotidiano)|Il «Mondo»]]'' (giugno 1924): ''«Quanto alle opposizioni, è chiaro che in siffatte condizioni, esse non hanno nulla da fare in un Parlamento che manca della sua fondamentale ragione di vita.'' […] ''Quando il Parlamento ha fuori di sé la milizia e l'illegalismo, esso è soltanto una burla»''.<ref>Michele Magno, ''L'altro Amendola'', in: ''Il Foglio'', 21 dicembre 1924</ref> La linea di opposizione non violenta al governo fu promossa anche dal [[Partito Socialista Unitario (1922)|socialista]] [[Filippo Turati]] che, il 27 giugno, commemorò Matteotti in una sala di Montecitorio di fronte ai secessionisti: ''«Noi parliamo da quest’aula parlamentare mentre non v’è più un Parlamento. I soli eletti stanno nell’Aventino delle nostre coscienze, donde nessun adescamento li rimuoverà sinché il sole della libertà non albeggi, l’imperio della legge sia restituito, e cessi la rappresentanza del popolo di essere la beffa atroce a cui l’hanno ridotta»''<ref>Enzo Biagi, ''Storia del Fascismo'', Firenze, Sadea Della Volpe Editori, 1964, pag 354: "La soluzione Aventiniana prende l'avvio da un commovente discorso che Filippo Turati tiene alla Camera per commemorare Giacomo Matteotti, sulla cui sorte ormai non esistono più dubbi."</ref>.
 
Non parteciparono invece all'Aventino, oltre ovviamente agli eletti neldel [[ListaPartito Nazionale|Listone Fascista]] fascista, i liberali delil [[Partito Liberale Italiano|PLI]], il [[Partito dei Contadini d'Italia]], nonché glii elettideputati nelledelle [[Liste di slavi e di tedeschi]].
 
Gli "aventiniani" furono sostanzialmente contrari a ordire un'insurrezione popolare per abbattere il governo Mussolini. Allo stesso tempo, le componenti politiche della protesta si riunivano separatamente ed erano contrari a coordinarsi con altri oppositori del fascismo che non avevano aderito all'Aventino ed erano restati in aula. Confidavano che, dinnanzi all'emersione delle responsabilità del fascismo nella sparizione e ancora presunta morte di Matteotti, il re si decidesse a licenziare Mussolini e a sciogliere la Camera per indire nuove elezioni. Tutto ciò non avvenne<ref>Enzo Biagi, ''Storia del Fascismo'', Firenze, Sadea Della Volpe Editori, 1964, pag 354: "...nella speranza che una tale azione secessionistica getti nella crisi completa il governo fascista e induca il Re a intervenire con un decreto di scioglimento della Camera."</ref>.
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Nei giorni successivi all'[[Anteo Zamboni|attentato contro Mussolini]] del 31 ottobre 1926, si ebbe la soppressione delle libertà costituzionali, con l'approvazione delle [[leggi eccezionali del fascismo]]. Con Regio Decreto 5 novembre [[1926]], n. 1848-[[Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza]], il Governo approvò la reintroduzione della pena di morte accompagnata dalla soppressione di tutti i giornali e periodici antifascisti, l'istituzione del [[confino di polizia]] comportante la perdita della libertà personale per semplice provvedimento amministrativo e sulla base del solo sospetto, la creazione di un [[Tribunale speciale per la difesa dello Stato (1926-1943)|Tribunale speciale per la difesa dello Stato]]. Agli oppositori non rimase che l'esilio.
 
Con il Regio decreto 6 novembre 1926, n. 1848, tutti i partiti politici ad eccezione del Partito Nazionale Fascista furono definitivamente soppressi in quanto ai [[prefetto (ordinamento italiano)|prefetti]] venne imposto di sciogliere qualsiasi partito od organizzazione politica contraria al fascismo, dando vita alla dittatura<ref>Ruggero Giacomini, ''Il giudice e il prigioniero: Il carcere di [[Antonio Gramsci]]'', Castelvecchi ed., pag. 32, cita la circolare del Ministero dell'interno n. 27939 dell'8 novembre 1926.</ref>.
 
Il 9 novembre 1926 la Camera dei deputati, riaperta per ratificare le leggi eccezionali, deliberava anche la decadenza dei 123 deputati aventiniani: [[Gregorio Agnini]], [[Giuseppe Albanese (politico)|Giuseppe Albanese]], [[Salvatore Aldisio]], [[Gino Alfani]], [[Filippo Amedeo]], [[Giovanni Bacci]], [[Gino Baldesi]], [[Arturo Baranzini]], [[Pietro Bellotti]], [[Roberto Bencivenga]], [[Arturo Bendini]], [[Guido Bergamo]], [[Mario Bergamo]], [[Mario Berlinguer]], [[Alessandro Bocconi]], [[Antonio Boggiano Pico]], [[Igino Borin]], [[Giambattista Bosco Lucarelli]], [[Roberto Bracco]], [[Giovanni Braschi]], [[Alessandro Brenci]], [[Carlo Bresciani (politico)|Carlo Bresciani]], [[Bruno Buozzi]], [[Vittorio Buratti]], [[Emilio Caldara]], [[Romeo Campanini]], [[Giuseppe Canepa]], [[Russardo Capocchi]], [[Paolo Cappa (politico)|Paolo Cappa]], [[Luigi Capra (politico)|Luigi Capra]], [[Luigi Carbonari (politico)|Luigi Carbonari]], [[Giulio Cavina]], [[Eugenio Chiesa]], [[Mario Cingolani]], [[Giovanni Antonio Colonna di Cesarò]], [[Paolo Conca]], [[Giovanni Conti (politico)|Giovanni Conti]], [[Felice Corini]], [[Giovanni Cosattini]], [[Mariano Costa]], [[Onorato Damen]], [[Raffaele De Caro]], [[Alcide De Gasperi]], [[Diego Del Bello]], [[Palmerio Delitala]], [[Luigi Fabbri (politico 1888-1966)|Luigi Fabbri]], [[Cipriano Facchinetti]], [[Luciano Fantoni]], [[Giuseppe Faranda]], [[Enrico Ferrari]], [[Bruno Fortichiari]], [[Luigi Fulci]], [[Angelo Galeno]], [[Tito Galla]], [[Dante Gallani]], [[Egidio Gennari]], [[Annibale Gilardoni]], [[Vincenzo Giuffrida]], [[Enrico Gonzales]], [[Antonio Gramsci]], [[Achille Grandi]], [[Antonio Graziadei]], [[Ruggero Grieco]], [[Giovanni Gronchi]], [[Leonello Grossi]], [[Ugo Guarienti]], [[Giovanni Guarino Amella]], [[Ferdinando Innamorati]], [[Stefano Jacini]], [[Arturo Labriola]], [[Luigi La Rosa]], [[Costantino Lazzari]], [[Nicola Lombardi (politico)|Nicola Lombardi]], [[Ettore Lombardo Pellegrino]], [[Giovanni Maria Longinotti]], [[Emilio Lopardi]], [[Francesco Lo Sardo]], [[Arnaldo Lucci]], [[Emilio Lussu]], [[Luigi Macchi (politico)|Luigi Macchi]], [[Cino Macrelli]], [[Fabrizio Maffi]], [[Pietro Mancini (1876-1968)|Pietro Mancini]], [[Federico Marconcini]], [[Mario Augusto Martini]], [[Pietro Mastino]], [[Angelo Mauri]], [[Nino Mazzoni]], [[Giovanni Merizzi]], [[Umberto Merlin]], [[Giuseppe Micheli]], [[Fulvio Milani]], [[Giuseppe Emanuele Modigliani]], [[Enrico Molè]], [[Guido Molinelli]], [[Riccardo Momigliano]], [[Giorgio Montini]], [[Alfredo Morea]], [[Oddino Morgari]], [[Elia Musatti]], [[Nunzio Nasi]], [[Tito Oro Nobili]], [[Angelo Noseda]], [[Giovanni Persico (politico 1878)|Giovanni Persico]], [[Guido Picelli]], [[Camillo Prampolini]], [[Enrico Presutti]], [[Antonio Priolo]], [[Luigi Repossi]], [[Ezio Riboldi]], [[Giulio Rodinò]], [[Giuseppe Romita]], [[Francesco Rossi (politico)|Francesco Rossi]], [[Giuseppe Srebrnic]], [[Mario Todeschini]], [[Claudio Treves]], [[Domenico Tripepi]], [[Filippo Turati]], [[Umberto Tupini]], [[Giovanni Uberti]], [[Arturo Vella]], [[Domenico Viotto]], [[Giulio Volpi]].<ref name="decadenza">{{cita web|url=http://storia.camera.it/regno/lavori/leg27/sed160.pdf|formato=PDF|titolo=Tornata di martedì 9 novembre 1926|editore=[[Camera dei deputati (Italia)|Camera dei deputati]]|pagina=6389-6394|accesso=23 marzo 2015}}</ref> A questi fu aggiunto anche il fascista dissidente [[Massimo Rocca]].<ref name="decadenza"/>
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Tra gli altri deputati "aventiniani" furono costretti all'esilio i socialisti [[Bruno Buozzi]] (fucilato dai tedeschi a [[Eccidio de La Storta|La Storta]] il 4 giugno 1944), [[Arturo Labriola]] e [[Claudio Treves]] (morto a Parigi nel 1933), i comunisti [[Guido Picelli]] (ucciso durante la [[Guerra civile spagnola]] nel 1937) e [[Ruggero Grieco]] (condannato in contumacia dal tribunale speciale a 17 anni di carcere), il sardista [[Emilio Lussu]] (evaso dal confino di [[Lipari (Italia)|Lipari]] ed espatriato in Francia nel 1929, rientrò in Italia nel 1943), i repubblicani [[Cipriano Facchinetti]], [[Eugenio Chiesa]] (morto a [[Giverny]] nel 1930) e [[Mario Bergamo]]. Il socialista [[Giuseppe Romita]], il comunista [[Luigi Repossi]] e il repubblicano [[Cino Macrelli]] scontarono diversi anni di confino. Chi non fu imprigionato o confinato, fu comunque costretto ad abbandonare la vita politica sino alla caduta del fascismo.
 
Caduto il regime fascista l'[[Assemblea Costituente (Italia)|Assemblea Costituente]] della neonata [[Repubblica Italiana]] promulgò il 1º gennaio [[1948]] la [[Costituzione della Repubblica Italiana|Costituzione]]: nella cui III [[Costituzione della Repubblica Italiana#Struttura|disposizione transitoria e finale]] la seduta del 9/11/1926 veniva ricordata in quanto tra i criteri di nomina dei "[[Senato della Repubblica italiana|senatori]] [[Senatore di diritto#Senatori di diritto della I Legislatura|di diritto]]" della I legislatura, oltre a quelli eletti nel suddetto [[OrganiSenato costituzionalidel italianiRegno (Italia)|organoSenato costituzionale]]del prima delle [[elezioniRegno]], vi era anche "essere stati dichiarati decaduti nella seduta della Camera dei deputati del 9 novembre 1926". Risultarono quindi nominati 106 senatori, in aggiunta ai 237 [[Elezioni politiche italiane del 1948|usciti dalle urne del 18 aprile 1948]].
 
== Note ==