Grande Fratello (1984)

personaggio del romanzo 1984 di George Orwell

Il Grande Fratello (in inglese Big Brother, lett. "fratello maggiore") è un personaggio immaginario creato da George Orwell, presente nel romanzo 1984. È il dittatore dello stato totalitario chiamato Oceania. Nella società che Orwell descrive, ciascun individuo è tenuto costantemente sotto controllo dalle autorità. Lo slogan "Il Grande Fratello vi guarda" ricorda continuamente agli abitanti la sua superiorità assoluta nella piramide gerarchica.

Grande Fratello
Manifesto raffigurante il Grande Fratello
Universo1984
Nome orig.Big Brother
AutoreGeorge Orwell
1ª app. in1984
Caratteristiche immaginarie
Professionedittatore dell'Oceania

Caratterizzazione del personaggio

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Nel romanzo non viene mai chiarito se sia una persona esistente o semplicemente un simbolo creato dal partito; nel libro si fa più volte riferimento a tale questione, ma la domanda non trova mai risposta. Quando Winston Smith, protagonista del romanzo, chiede esplicitamente a O'Brien, durante la tortura, se esistesse o meno, «Esiste come esisto io?», egli gli risponde «Tu non esisti», di fatto non rispondendo alla domanda.

Nel libro immaginario Teoria e prassi del collettivismo oligarchico scritto presumibilmente dal ribelle Emmanuel Goldstein è presente questa frase: «Nessuno ha mai visto il Grande Fratello. È un volto sui manifesti, una voce che viene dal teleschermo. Possiamo essere ragionevolmente certi che non morirà mai. Già adesso non si sa con certezza quando sia nato. Il Grande Fratello è il modo in cui il Partito sceglie di mostrarsi al mondo. Ha la funzione di agire da catalizzatore dell'amore, della paura e della venerazione, tutti sentimenti che è più facile provare per una singola persona che per una organizzazione».[1] Secondo Goldstein, quindi, potrebbe essere solo un'icona, una personificazione del Partito.

Nella propaganda del Partito viene presentato come una persona reale, uno dei fondatori del Partito insieme allo stesso Goldstein.

Influenza culturale

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  • Dalla pubblicazione di 1984 a oggi, l'espressione "Grande Fratello" viene usata per descrivere una figura eccessivamente indiscreta, un controllo invasivo da parte delle autorità o i vari tentativi fatti dai governi per aumentare la sorveglianza.
  • Nella classifica dei "100 migliori personaggi immaginari del '900" stilata dalla rivista Book, il Grande Fratello è al 59º posto.[2]
  • Il reality show Big Brother (Grande Fratello in versione italiana) prende il nome dall'omonimo personaggio di Orwell, perché i personaggi sono inquadrati costantemente da telecamere così che il pubblico possa seguire in qualsiasi tempo le loro azioni; il format televisivo è stato esportato in oltre 40 paesi nel mondo.
  • Anthony Burgess, nel suo romanzo 1985 (il cui titolo trae spunto dal romanzo di Orwell, tra l'altro suo carissimo amico), racconta che l'ispirazione per il Grande Fratello deriva da un poster pubblicitario della Bennett's, una compagnia specializzata in corsi per corrispondenza, che ritraeva il volto del suo fondatore e lo slogan "Let me be your father" (Lasciate che io sia vostro padre). Morto il proprietario il manifesto fu sostituito dalla foto del figlio e la frase modificata in "Let me be your big brother" (Lasciate che io sia il vostro fratello maggiore).[3]
  • Arthur C. Clarke, nel suo romanzo 2001: Odissea nello spazio chiama Big Brother il Monolito orbitante Saturno, propriamente tradotto come "fratello maggiore", più grande per dimensioni a quello rinvenuto nel sottosuolo lunare. Nel successivo 2010: Odissea due, gli esploratori sovietici, per motivi ideologici, onde evitare riferimenti con il romanzo di Orwell, a loro scomodo, lo chiamano più semplicemente zageda, l'enigma.
  • Nel film Equilibrium di Kurt Wimmer la figura del Padre si ispira al Grande Fratello di Orwell.
  1. ^ George Orwell, 1984, Traduzione di Stefano Manferlotti, Milano, Mondadori, p. 214, ISBN 88-04-50745-4.
  2. ^ (EN) Classifica dalla rivista Book, su npr.org. URL consultato il 25-07-2010.
  3. ^ (EN) Martin Amis, A Stoked-Up 1976, su nytimes.com. URL consultato il 31-05-2008.

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