Di Vico: differenze tra le versioni

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Famiglia romana che dominò la [[Tuscia]], con vicende alterne, fino al [[1435]], anno della morte dell’ultimo rappresentante.
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Versione delle 23:24, 22 ott 2007

Famiglia romana che dominò la Tuscia, con vicende alterne, fino al 1435, anno della morte dell’ultimo rappresentante.

Per quanto concerne la loro origine, non si hanno notizie certe. Probabilmente discendevano dai duchi longobardi di Spoleto o da Arnolfo, gastaldo di Terni. Il loro primo insediamento all’interno dello Stato della Chiesa è sulle rive del Lago di Vico, che deve il suo nome proprio a questa famiglia. Nel X secolo Pietro, che rivendicava la Prefettura di Roma per diritto ereditario, fu capo della rivolta contro papa Giovanni XIII (965-972). Nel 1138 un altro Pietro si schierò con Federico Barbarossa e l'Antipapa Vittore IV contro papa Innocenzo II (1130-1143); ma, essendo passato sull’altro fronte, ottenne in cambio molti possedimenti e privilegi, tra cui la conferma del titolo di Prefetto, ribaditi anche al figlio Giovanni I da papa Alessandro III (1159-1181).

Per aver appoggiato papa Alessandro IV (1254-1261), circa alla metà del XIII secolo, Pietro III diventò signore di Civitavecchia; questi possedimenti vennero confermati al figlio Pietro IV da papa Clemente IV (1265-1268).

Nel XIV secolo la famiglia tornò a parteggiare per l’impero. A Viterbo si succedevano continue lotte intestine tra ghibellini (i Tignosi, appoggiati dai Di Vico) e i guelfi (i Gatti). Nel 1329 Faziolo di Vico, figlio di Manfredi di Vico, fu nominato Signore di Viterbo al posto di Silvestro de' Gatti, deposto dall'imperatore Ludovico IV. Il governo della città rimase saldamente nelle mani dei di Vico anche dopo la morte di Faziolo, avvenuta nel 1338. Gli succedette il figlio Giovanni III di Vico, il più illustre e spregiudicato della famiglia. Questi, approfittando della cattività avignonese, divenne Signore di Viterbo, Orvieto e Civitavecchia, riuscendo a governare su gran parte della Tuscia occupando militarmente Viterbo, Vetralla, Corneto, Bagnoregio, e Bolsena. La sua "tirannia", durerà sino all'intervento del cardinale Egidio Albornoz, uno dei cardinali guerrieri che non esitarono a ricorrere alla spada per affermare il potere della Chiesa. Nel 1354 Giovanni di Vico venne sconfitto. Si infranse così il suo progetto di creare un regno autonomo all’interno del Patrimonio di San Pietro. Dopo qualche tempo, quando papa Urbano V fece ritorno ad Avignone, Viterbo tornò nuovamente sotto i di Vico. Quell’anno, infatti, Francesco riuscì a farsi proclamare "Signore". Dopo la sua elezione fece abbattere la Rocca, simbolo del potere pontificio, ed incendiare lo Statuto comunale del 1251, emblema dei diritti dei cittadini viterbesi. Francesco di Vico fu ucciso nel 1387 durante una sommossa popolare fomentata dal cardinale Tommaso Orsini. Viterbo tornò sotto il controllo pontificio, ma solo fino al 1391, anno in cui Giovanni Sciarra di Vico, nipote di Giovanni III, avrebbe assunto il titolo di "Signore di Viterbo e Civitavecchia". Nel 1395 la città ed i suoi territori passarono nuovamente sotto il governo pontificio, ma la famiglia di Vico fu nuovamente protagonista delle lotte intestine che dilaniarono Viterbo e la Tuscia, fino a quando un altro "cardinale di ferro", Giovanni Maria Vitelleschi, con l’aiuto di Everso degli Anguillara, sconfisse e fece decapitare, nell’agosto del 1435, Giacomo, l'ultimo rampollo della famiglia, che si era alleato con i Colonna contro papa Eugenio IV (1431-1447). Con lui si estinse il ramo principale della famiglia dei di Vico. Esistono dei rami collaterali a Pesaro e a Viterbo.


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