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{{nota disambigua|l'omonima rivista filosofica|Noûs (rivista)}}
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{{nota disambigua|il programma televisivo|Noos - L'avventura della conoscenza}}
[[File:Camposanto monumentale di Pisa, Piero di Puccio, Cosmografia.JPG|thumb|L'[[intelletto cosmico|ordine cosmico]] rappresentato come una serie di sfere concentriche, in un affresco di [[Piero di Puccio]] nel [[Camposanto monumentale]] di [[Pisa]]]]
[[File:Camposanto monumentale di Pisa, Piero di Puccio, Cosmografia.JPG|thumb|L'[[Intelletto cosmico|ordine cosmico]] rappresentato come una serie di sfere concentriche, in un affresco di [[Piero di Puccio]] nel [[Camposanto monumentale]] di [[Pisa]]]]
'''Noûs''' ({{lang-grc|νοῦς}}, contrazione dell'analogo ionico {{polytonic|νόος}} ''nóos''), è un termine che in [[lingua greca antica|greco antico]] indica, a partire da [[Omero]], la facoltà di comprendere un evento o le intenzioni di qualcuno <ref name="ReferenceA">''Enciclopedia Garzanti di filosofia'' alla voce corrispondente</ref>, la facoltà mentale <ref>''Vocabolario greco della filosofia'', a cura di [[Ivan Gobry]], Milano, Bruno Mondadori, 2004, p. 144.</ref> quindi l'intelletto <ref>[[Linda Napolitano]], ''Enciclopedia filosofica'' vol.8, Milano, Bompiani, 2006, p. 7956.</ref>.
'''Noûs''' ({{lang-grc|νοῦς|noûs}} <small>AFI:</small> {{IPA|[ˈnuːs]}}, contrazione dell'analogo ionico {{polytonic|νόος}}, ''nóos'') è un termine che in [[Lingua greca antica|greco antico]] indica, a partire da [[Omero]], la facoltà di comprendere un evento o le intenzioni di qualcuno <ref name="ReferenceA">''Enciclopedia Garzanti di filosofia'' alla voce corrispondente</ref>, la facoltà mentale <ref>''Vocabolario greco della filosofia'', a cura di [[Ivan Gobry]], Milano, Bruno Mondadori, 2004, p. 144.</ref> quindi l'[[intelletto]] <ref>Linda Napolitano, ''Enciclopedia filosofica'' vol. 8, Milano, Bompiani, 2006, p. 7956.</ref>.


==Il termine ''noûs'' in Omero==
==Il termine ''noûs'' in Omero==
Il termine {{polytonic|νόος}} lo si riscontra per la prima volta in [[Omero]], dove indica l'organo sede della rappresentazione delle idee chiare <ref>In Omero νόος «è lo spirito [...] sede di rappresentazioni chiare» [[Bruno Snell]] citato da Linda Napolitano, ''Op.cit.'' p. 7956 che più avanti lo indica come "organo che le suscita e intendimento".</ref>, quindi la "comprensione" <ref>''Iliade'' IX, 104.</ref>, posseduta in misura maggiore dagli dèi <ref>''Iliade'' XVI, 688-690 e XVII 176-178.</ref>; quindi l'intendimento che le provoca <ref>''Odissea'' V, 23</ref>.
Il termine {{polytonic|νόος}} si riscontra per la prima volta in [[Omero]], dove indica l'organo sede della rappresentazione delle idee chiare <ref>In Omero νόος «è lo spirito [...] sede di rappresentazioni chiare» [[Bruno Snell]] citato da Linda Napolitano, ''Op. cit.'' p. 7956 che più avanti lo indica come "organo che le suscita e intendimento".</ref>, quindi la "comprensione" <ref>''Iliade'' IX, 104.</ref>, posseduta in misura maggiore dagli dèi <ref>''Iliade'' XVI, 688-690 e XVII 176-178.</ref>; quindi l'intendimento che le provoca <ref>''Odissea'' V, 23.</ref>.


[[Richard Broxton Onians]] nella sua opera maggiore ''Le origini del pensiero europeo'' rileva come nel periodo più antico di molte culture si possa rintracciare una «primordiale individuazione dell'importanza delle parole per il pensiero» e dell'associazione di queste «al respiro insieme al quale vengono emesse» <ref>R.B.Onians, ''Le origini del pensiero europeo'', Milano, Adelphi, 1998 p.36</ref>. Nei poemi omerici, secondo lo stesso autore, il pensare, il nous, si identifica con il parlare, la cui sede è in organi corporei che vanno dal petto alla bocca: «Esso ha sede nel petto, e come risulta da almeno due passi<ref>''Odissea'' III, 60-64; IX, 553 sg., 646. Rendiamo qui come ''Odissea'' e non come ''Iliade'', così erroneamente riportato invece in nota n. 5, p. 106 dell'edizione italiana dell'opera di [[Richard Broxton Onians]].</ref>, sembra venisse identificato con il cuore.»<ref>Richard Broxton Onians, ''Le origini del pensiero europeo'', Milano, Adelphi, 2006, p. 106.</ref> come sembra confermare successivamente [[Empedocle]] quando sostiene che il cuore «dimora nel mare di sangue che ribolle intorno a esso, laddove principalmente si trova ciò che gli uomini chiamano pensiero [''noema''].» <ref>Empedocle, DK B 105</ref> . Ma sempre nell'Iliade Posidone apostrofa Apollo come colui che ha un "cuore privo di {{polytonic|νόος}}"<ref>«{{polytonic|ἄνοον κραδίην}}» ''Iliade'', XXI, 441.</ref> e inoltre nell<nowiki>'</nowiki> ''Odissea'' ''nόοs'' appare esprimere piuttosto un obiettivo o un risultato di un'azione della coscienza<ref>«{{polytonic|οὐ γὰρ δὴ τοῦτον μὲν ἐβούλευσας νόον αὐτή}}»: "questo νόος non l'hai progettato tu stessa?", ''Odissea'' V, 23</ref>, il che dimostrebbe che in origine il νόος non indicasse una parte del corpo<ref>[[Richard Broxton Onians]], ''Op.cit.'', p. 106.</ref>
[[Richard Broxton Onians]] nella sua opera maggiore ''Le origini del pensiero europeo'' rileva come nel periodo più antico di molte culture si possa rintracciare una «primordiale individuazione dell'importanza delle parole per il pensiero» e dell'associazione di queste «al respiro insieme al quale vengono emesse» <ref>R. B. Onians, ''Le origini del pensiero europeo'', Milano, Adelphi, 1998 p. 36.</ref>. Nei poemi omerici, secondo lo stesso autore, il pensare, il nous, si identifica con il parlare, la cui sede è in organi corporei che vanno dal petto alla bocca: «Esso ha sede nel petto, e come risulta da almeno due passi<ref>''Odissea'' III, 60-64; IX, 553 sg., 646. Rendiamo qui come ''Odissea'' e non come ''Iliade'', così erroneamente riportato invece in nota n. 5, p. 106 dell'edizione italiana dell'opera di [[Richard Broxton Onians]].</ref>, sembra venisse identificato con il cuore.»<ref>Richard Broxton Onians, ''Le origini del pensiero europeo'', Milano, Adelphi, 2006, p. 106.</ref> come sembra confermare successivamente [[Empedocle]] quando sostiene che il cuore «dimora nel mare di sangue che ribolle intorno a esso, laddove principalmente si trova ciò che gli uomini chiamano pensiero [''noema''].» <ref>Empedocle, DK B 105.</ref> . Ma sempre nell'Iliade Posidone apostrofa Apollo come colui che ha un "cuore privo di {{polytonic|νόος}}"<ref>«{{polytonic|ἄνοον κραδίην}}» ''Iliade'', XXI, 441.</ref> e inoltre nell{{'}} ''Odissea'' ''nόοs'' appare esprimere piuttosto un obiettivo o un risultato di un'azione della coscienza<ref>«{{polytonic|οὐ γὰρ δὴ τοῦτον μὲν ἐβούλευσας νόον αὐτή}}»: "questo νόος non l'hai progettato tu stessa?", ''Odissea'' V, 23</ref>, il che dimostrebbe che in origine il νόος non indicasse una parte del corpo<ref>[[Richard Broxton Onians]], ''Op. cit.'', p. 106.</ref>


In Omero il νόος risulterebbe collegato alla percezione visiva degli accadimenti <ref>''Iliade'', XV, 422</ref> dove, tuttavia, più che intenderlo come percezione sensoriale viene indicato come capacità di essere consapevoli in modo immediato della circostanza o dell'avvenimento a cui si assiste e di capire le vere intenzioni, al di là di ciò che appare, di qualcuno. Il νόος distinto dagli organi di senso viene quindi ritenuto infallibile e di natura divina.<ref>''Enciclopedia Garzanti di Filosofia'' alla voce corrispondente</ref>.
In Omero il νόος risulterebbe collegato alla percezione visiva degli accadimenti <ref>''Iliade'', XV, 422</ref> dove, tuttavia, più che intenderlo come percezione sensoriale viene indicato come capacità di essere consapevoli in modo immediato della circostanza o dell'avvenimento a cui si assiste e di capire le vere intenzioni, al di là di ciò che appare, di qualcuno. Il νόος distinto dagli organi di senso viene quindi ritenuto infallibile e di natura divina.<ref>''Enciclopedia Garzanti di Filosofia'' alla voce corrispondente</ref>.


Il {{polytonic|νόος}} esprime, quindi, nei poemi omerici, «sia un movimento specifico, un proposito, sia un'entità in certo modo stabile, ciò che mette in movimento, la coscienza funzionale allo scopo»<ref name="Richard Broxton Onians p.107">Richard Broxton Onians, ''op.cit.'', p.107.</ref>. Il νόος possiede anche il significato di "intelligenza" o "intelletto" ma a differenza di queste non è evidentemente materiale e quindi non può essere ferito dalle armi<ref name="Richard Broxton Onians p.107"/>. Non è nemmeno semplice "intelletto" in quanto risulta dinamico ed emotivo<ref>Richard Broxton Onians, ''op.cit.'', p. 107.</ref>.
Il {{polytonic|νόος}} esprime, quindi, nei poemi omerici, «sia un movimento specifico, un proposito, sia un'entità in certo modo stabile, ciò che mette in movimento, la coscienza funzionale allo scopo»<ref name="Richard Broxton Onians p.107">Richard Broxton Onians, ''op.cit.'', p.107.</ref>. Il νόος possiede anche il significato di "intelligenza" o "intelletto" ma a differenza di queste non è evidentemente materiale e quindi non può essere ferito dalle armi<ref name="Richard Broxton Onians p.107"/>. Non è nemmeno semplice "intelletto" in quanto risulta dinamico ed emotivo<ref>Richard Broxton Onians, ''op. cit.'', p. 107.</ref>.


{{q|Il νοῦς vede, il νοῦς sente: tutto il resto è sordo e cieco.|[[Epicarmo]], fr. 249 [[Georg Kaibel]]}}
{{q|Il νοῦς vede, il νοῦς sente: tutto il resto è sordo e cieco.|[[Epicarmo]], fr. 249 [[Georg Kaibel]]}}


==Le prime attestazioni in ambito filosofico: Talete, Pitagora, Eraclito e Parmenide==
==Le prime attestazioni in ambito filosofico: Talete, Pitagora, Eraclito e Parmenide==
* Nell'ambito della storia della [[filosofia]] il termine νοῦς lo incontriamo per la prima volta con una sentenza di [[Talete]], almeno per quanto attiene ciò che riferisce [[Diogene Laerzio]] (I,35):
* Nell'ambito della storia della [[filosofia]] il termine νοῦς lo incontriamo per la prima volta con una sentenza di [[Talete]], almeno per quanto attiene a ciò che riferisce [[Diogene Laerzio]] (I,35):
{{quote|[Di tutti gli esseri...] il più veloce è l'intelletto ({{polytonic|νοῦς}}), perché corre ovunque.|[[Diogene Laerzio]], I, 35; D-K 11, A, 1|[...] {{polytonic|τί τάχιστον; Νοῦς. Διὰ παντὸς γὰρ τρέχει.}}|lingua=grc}}
{{citazione|[Di tutti gli esseri...] il più veloce è l'intelletto ({{polytonic|νοῦς}}), perché corre ovunque.|[[Diogene Laerzio]], I, 35; D-K 11, A, 1|[...] {{polytonic|τί τάχιστον; Νοῦς. Διὰ παντὸς γὰρ τρέχει.}}|lingua=grc}}


* [[Pitagora]], almeno secondo quanto afferma [[Aezio (filosofo)|Aezio]]<ref>I, 3, 8; D-K 58 B 15.</ref>, avrebbe sostenuto che la nostra anima ({{polytonic|ψυχή}}) sarebbe composta dalla tetrade ({{polytonic|τετράδος}}): intelletto ({{polytonic|νοῦς}}), conoscenza ({{polytonic|ἐπιστήμη}}), opinione ({{polytonic|δόξα}}), percezione ({{polytonic|αἴσθησις}}).
* [[Pitagora]], almeno secondo quanto afferma [[Aezio (filosofo)|Aezio]]<ref>I, 3, 8; D-K 58 B 15.</ref>, avrebbe sostenuto che la nostra anima ({{polytonic|ψυχή}}) sarebbe composta dalla tetrade ({{polytonic|τετράδος}}): intelletto ({{polytonic|νοῦς}}), conoscenza ({{polytonic|ἐπιστήμη}}), opinione ({{polytonic|δόξα}}), percezione ({{polytonic|αἴσθησις}}).
* [[Eraclito]]<ref>D-K 22 B 2.</ref> individua nel termine una sapienza originaria che dovrebbe risultare comune a tutti gli uomini<ref>«ciò che dovrebbe essere comune ({{polytonic|κοινός}}) a tutti è {{polytonic|ξυνον}} = {{polytonic|σὺν νᾠ}} "unito a intelletto" (fr.2) forma originaria di sapienza.» (cfr. [[Linda Napolitano]], ''Enciclopedia filosofica'' vol.8, Milano, Bompiani, 2006, p. 7956.</ref>. Così ci sono coloro che parlano con {{polytonic|νοῦς}} (fr. 114) e l'erudizione non è segno di {{polytonic|νοῦς}} (fr. 40)
* [[Eraclito]]<ref>D-K 22 B 2.</ref> individua nel termine una sapienza originaria che dovrebbe risultare comune a tutti gli uomini<ref>«ciò che dovrebbe essere comune ({{polytonic|κοινός}}) a tutti è {{polytonic|ξυνον}} = {{polytonic|σὺν νᾠ}} "unito a intelletto" (fr. 2) forma originaria di sapienza.» (cfr. [[Linda Napolitano]], ''Enciclopedia filosofica'' vol. 8, Milano, Bompiani, 2006, p. 7956.</ref>. Così ci sono coloro che parlano con {{polytonic|νοῦς}} (fr. 114) e l'erudizione non è segno di {{polytonic|νοῦς}} (fr. 40)
* [[Parmenide]] quando divide la conoscenza tra opinioni non vere e verità, utilizza il verbo νοεῖν ("l'atto del pensare") e i termini νόημα (termine arcaico utilizzato da Parmenide: il "pensiero", cfr. fr.16) e νοητόν ("ciò che è pensato") per indicare l'attività noetica che sola realizza la vera conoscenza <ref>[[Linda Napolitano]], ''Enciclopedia filosofica'' vol.8, Milano, Bompiani, 2006, p.7956.</ref>.
* [[Parmenide]] quando divide la conoscenza tra opinioni non vere e verità, utilizza il verbo νοεῖν ("l'atto del pensare") e i termini νόημα (termine arcaico utilizzato da Parmenide: il "pensiero", cfr. fr.16) e νοητόν ("ciò che è pensato") per indicare l'attività noetica che sola realizza la vera conoscenza <ref>Linda Napolitano, ''Enciclopedia filosofica'' vol.8, Milano, Bompiani, 2006, p.7956.</ref>.


== Il ''Νoûs'' in Anassagora: Intelligenza divina che organizza il mondo==
== Il ''Νoûs'' in Anassagora: Intelligenza divina che organizza il mondo==
[[File:Anaxagoras Lebiedzki Rahl.jpg|right|thumb|150px|[[Anassagora]], dettaglio da un affresco nel portico dell'[[Università Nazionale Capodistriana di Atene]]]]
[[File:Anaxagoras Lebiedzki Rahl.jpg|thumb|upright=0.7|[[Anassagora]], dettaglio da un affresco nel portico dell'[[Università Nazionale Capodistriana di Atene]]]]
Con [[Anassagora]] il termine {{polytonic|νοῦς}} emerge in tutto il suo significato metafisico<ref>''Vocabolario greco della filosofia'', a cura di [[Ivan Gobry]], Milano, Bruno Mondadori, 2004, p.146</ref>. Questo fatto era noto a [[Cicerone]], che nel ''De natura deorum'' (I, 11, 26) così si esprime:
Con [[Anassagora]] il termine {{polytonic|νοῦς}} emerge in tutto il suo significato metafisico<ref>''Vocabolario greco della filosofia'', a cura di [[Ivan Gobry]], Milano, Bruno Mondadori, 2004, p.146</ref>. Questo fatto era noto a [[Cicerone]], che nel ''De natura deorum'' (I, 11, 26) così si esprime:
{{q|Poi Anassagora,, che fu continuatore di Anassimene, per primo sostenne che l'ordinata struttura dell'universo è progettata e realizzata dalla potenza e dalla razionalità di una mente infinita.|[[Cicerone]], ''La natura divina'' I, 11, 26. Traduzione di [[Cesare Marco Calcante]], Milano, Rizzoli, 2007, p.64|Inde Anaxagoras, qui accepit ab Anaximene disciplinam, primus omnium rerum discriptionem et modum mentis infinitae vi ac ratione dissignari et confici voluit.|lingua=la}}
{{q|Poi Anassagora, che fu continuatore di Anassimene, per primo sostenne che l'ordinata struttura dell'universo è progettata e realizzata dalla potenza e dalla razionalità di una mente infinita.|[[Cicerone]], ''La natura divina'' I, 11, 26. Traduzione di [[Cesare Marco Calcante]], Milano, Rizzoli, 2007, p.64|Inde Anaxagoras, qui accepit ab Anaximene disciplinam, primus omnium rerum discriptionem et modum mentis infinitae vi ac ratione dissignari et confici voluit.|lingua=la}}


Il quale probabilmente lo riprendeva da [[Platone]] che nel ''Fedone'' (97 B) riporta:
Il quale probabilmente lo riprendeva da [[Platone]] che nel ''Fedone'' (97 B) riporta:
{{quote|Ma, un giorno, io udii un tale leggere un libro, che affermava essere di Anassagora, il quale diceva che è l'Intelligenza che ordina e che causa tutte le cose.|[[Platone]], ''Fedone'' 97 b; traduzione di [[Giovanni Reale]], in Platone ''Tutti gli scritti'', Milano, Bompiani,2008, p.105 }}
{{citazione|Ma, un giorno, io udii un tale leggere un libro, che affermava essere di Anassagora, il quale diceva che è l'Intelligenza che ordina e che causa tutte le cose.|[[Platone]], ''Fedone'' 97 b; traduzione di [[Giovanni Reale]], in Platone ''Tutti gli scritti'', Milano, Bompiani, 2008, p. 105}}


Tale "Intelligenza" viene indicata da [[Giovanni Reale]] come "divina"<ref>[[Giovanni Reale]], ''Storia della filosofia greca e romana'', vol.1 Milano, Bompiani, 2004, p.232; ma anche [[Giovanni Reale]], ''Il pensiero antico'', Milano, Vita e Pensiero, 2001, p.49.</ref> anche se nei frammenti del filosofo che possediamo tale qualifica "divina" non viene mai assegnata al {{polytonic|νοῦς}}<ref>[[Werner Jaeger]], ''La teologia dei primi pensatori greci'', Firenze, La Nuova Italia, 1982, p.249</ref>, ma [[Werner Jaeger]] nota in merito:
Tale "Intelligenza" viene indicata da [[Giovanni Reale]] come "divina"<ref>[[Giovanni Reale]], ''Storia della filosofia greca e romana'', vol. 1, Milano, Bompiani, 2004, p.232; ma anche [[Giovanni Reale]], ''Il pensiero antico'', Milano, Vita e Pensiero, 2001, p. 49.</ref> anche se nei frammenti del filosofo che possediamo tale qualifica "divina" non viene mai assegnata al {{polytonic|νοῦς}}<ref>[[Werner Jaeger]], ''La teologia dei primi pensatori greci'', Firenze, La Nuova Italia, 1982, p. 249.</ref>, ma [[Werner Jaeger]] nota in merito:
{{q|Recentemente si è fatto notare che le affermazioni di Anassagora sul ''nus'' ricordano per la forma linguistica lo stile dell'inno e imitano volutamente questo modello. [...] in nessuno dei frammenti che possediamo è detto esplicitamente che egli abbia attribuito allo spirito qualità divine. Ciò nonostante questo deve essere stato il suo insegnamento, e lo conferma la forma dell'inno con la quale egli riveste gli attributi del ''nus''. Un'altra conferma è data anche dal contenuto di queste sue affermazioni. Gli attributi: illimitato, sovrano, non-misto e autonomo giustificano pienamente il tono elevato in cui il filosofo parla di questo principio supremo.|[[Werner Jaeger]], ''La teologia dei primi pensatori greci'', Firenze, La Nuova Italia, 1982, p.249 }}
{{q|Recentemente si è fatto notare che le affermazioni di Anassagora sul ''nus'' ricordano per la forma linguistica lo stile dell'inno e imitano volutamente questo modello. [...] in nessuno dei frammenti che possediamo è detto esplicitamente che egli abbia attribuito allo spirito qualità divine. Ciò nonostante questo deve essere stato il suo insegnamento, e lo conferma la forma dell'inno con la quale egli riveste gli attributi del ''nus''. Un'altra conferma è data anche dal contenuto di queste sue affermazioni. Gli attributi: illimitato, sovrano, non-misto e autonomo giustificano pienamente il tono elevato in cui il filosofo parla di questo principio supremo.|[[Werner Jaeger]], ''La teologia dei primi pensatori greci'', Firenze, La Nuova Italia, 1982, p.249 }}


In Anassagora tale "Intelligenza divina", il {{polytonic|νοῦς}}, in qualità di potenza attiva e ordinatrice, organizza il caos (ἄπειρον, ''apeírōn''), creando così il mondo<ref>''Vocabolario greco della filosofia'', a cura di [[Ivan Gobry]], Milano, Bruno Mondadori, 2004, p.146.</ref>:
In Anassagora tale "Intelligenza divina", il {{polytonic|νοῦς}}, in qualità di potenza attiva e ordinatrice, organizza il caos (ἄπειρον, ''ápeirōn''), creando così il mondo<ref>''Vocabolario greco della filosofia'', a cura di [[Ivan Gobry]], Milano, Bruno Mondadori, 2004, p. 146.</ref>:
{{q|Per primo pose l'Intelligenza al di sopra della materia. L'inizio del suo scritto - che è composto in stile piacevole- è il seguente "Tutte le cose erano insieme; poi venne l'Intelligenza, le distinse e le pose in ordine".|[[Diogene Laerzio]], ''Vite e dottrine dei più celebri filosofi'', II, 6. Edizione a cura di [[Giovanni Reale]]. Milano, Bompiani, 2006, p. 151}}
{{q|Per primo pose l'Intelligenza al di sopra della materia. L'inizio del suo scritto - che è composto in stile piacevole- è il seguente "Tutte le cose erano insieme; poi venne l'Intelligenza, le distinse e le pose in ordine".|[[Diogene Laerzio]], ''Vite e dottrine dei più celebri filosofi'', II, 6. Edizione a cura di [[Giovanni Reale]]. Milano, Bompiani, 2006, p. 151}}


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[[Aristotele]]<ref>Aristotele, ''Dell'anima'', I (Α) 2.</ref> ricorda che se per Anassagora il {{polytonic|νοῦς}} ha messo in moto l'universo dando origine alle cose, risultando anche di essere la causa del bello e dell'ordine, non distingue chiaramente (a differenza di Democrito che invece li intende eguali) il {{polytonic|νοῦς}} (l'Intelligenza) dalla ψυχή (l'anima) degli esseri animati.
[[Aristotele]]<ref>Aristotele, ''Dell'anima'', I (Α) 2.</ref> ricorda che se per Anassagora il {{polytonic|νοῦς}} ha messo in moto l'universo dando origine alle cose, risultando anche di essere la causa del bello e dell'ordine, non distingue chiaramente (a differenza di Democrito che invece li intende eguali) il {{polytonic|νοῦς}} (l'Intelligenza) dalla ψυχή (l'anima) degli esseri animati.


Per quanto attiene la "natura" del ''Νoûs'', l'Intelligenza divina, concepito da Anassagora, [[Eduard Zeller]]<ref>[[Eduard Zeller]], ''La filosofia dei greci nel suo sviluppo storico'', Parte I, Volume V, Firenze, La Nuova Italia, 1966, pp. 378 e sgg.</ref> considerandolo come essere incorporeo lo traduce con il termine tedesco ''Geist'' (Spirito) anche se poi aggiunge «ed anche se di fatto il concetto di incorporeo non appaia molto chiaro nella sua esposizione non si può far carico alla sola inadeguatezza del suo linguaggio, anche se forse egli ha realmente concepito lo spirito come una più fine materia che muovendosi nello spazio penetra in tutte le cose, tutto ciò non fa velo alla sua intenzione», di fatto consegnandogli una "fine" materialità. Di tutt'altro avviso [[Giovanni Reale]]<ref>[[Giovanni Reale]], ''Storia della filosofia greca e romana'', vol.1, Milano, Bompiani, 2004, p. 233 e sgg.</ref> per il quale il ''Νoûs'' va certamente considerato "materia": « il fatto che il "Nous" non sia composto non implica ''eo ipso'' la sua "immaterialità": è semplicemente una materia che, per la sua privilegiata natura, può mescolarsi alle altre cose senza che queste si mescolino con essa.», questo alla luce del fatto che, secondo Reale, l'orizzonte dei presocratici «''ignora le due categoria di materia e spirito''».
Per quanto attiene alla "natura" del ''Νoûs'', l'Intelligenza divina, concepito da Anassagora, [[Eduard Zeller]]<ref>[[Eduard Zeller]], ''La filosofia dei greci nel suo sviluppo storico'', Parte I, Volume V, Firenze, La Nuova Italia, 1966, pp. 378 e sgg.</ref> considerandolo come essere incorporeo lo traduce con il termine tedesco ''Geist'' (Spirito) anche se poi aggiunge «ed anche se di fatto il concetto di incorporeo non appaia molto chiaro nella sua esposizione non si può far carico alla sola inadeguatezza del suo linguaggio, anche se forse egli ha realmente concepito lo spirito come una più fine materia che muovendosi nello spazio penetra in tutte le cose, tutto ciò non fa velo alla sua intenzione», di fatto consegnandogli una "fine" materialità. Di tutt'altro avviso [[Giovanni Reale]]<ref>[[Giovanni Reale]], ''Storia della filosofia greca e romana'', vol. 1, Milano, Bompiani, 2004, p. 233 e sgg.</ref> per il quale il ''Νoûs'' va certamente considerato "materia": « il fatto che il "Nous" non sia composto non implica ''eo ipso'' la sua "immaterialità": è semplicemente una materia che, per la sua privilegiata natura, può mescolarsi alle altre cose senza che queste si mescolino con essa.», questo alla luce del fatto che, secondo Reale, l'orizzonte dei presocratici «''ignora le due categorie di materia e spirito''».


==Il ''noûs'' in Platone==
==Il ''noûs'' in Platone==
Nel ''Fedone'', Platone fa dire a Socrate:
Nel ''Fedone'', Platone fa dire a Socrate:
{{Quote|Avendo udito un tale, che diceva di aver letto il libro dove Anassagora afferma essere l'Intelletto l'Ordinatore e la Causa di tutte le cose, godetti di questa spiegazione e pensai che, se la cosa fosse stata in questi termini, l'Intelletto avrebbe messo in ordine tutto e avrebbe disposto ogni cosa nel modo migliore... Ragionando in tal modo ero tutto contento e credevo di aver trovato in Anassagora la verità sulla causa degli esseri, secondo il mio intendimento, e che egli mi avrebbe detto in primo luogo se la terra è piatta o è rotonda, e, dopo avermelo detto, me ne avrebbe spiegato lo scopo e la necessità... sennonché, andando avanti con la lettura, ho visto che il mio eroe non si serviva affatto dell’Intelletto e non gli attribuiva nessuna causa nell'ordinamento delle cose, bensì ricorreva, come al solito, all'aria, all'etere, al fuoco, all'acqua e ad altre strane cose.<ref>[http://presocratics.daphnet.org/agora_show_transcription?id=4399&siglum=59-A%2C47&data-title=59-A%2C47&data-verticalTitle=59-A%2C47&data-type=transcription&data-id=page_59-A%2C47&data-boxTitle=&data-replaceContent=&data-url=%2Fagora_show_transcription%3Fid%3D4399Platone, ''Fedone'', 97 b]</ref>}}
{{Citazione|Avendo udito un tale, che diceva di aver letto il libro dove Anassagora afferma essere l'Intelletto l'Ordinatore e la Causa di tutte le cose, godetti di questa spiegazione e pensai che, se la cosa fosse stata in questi termini, l'Intelletto avrebbe messo in ordine tutto e avrebbe disposto ogni cosa nel modo migliore... Ragionando in tal modo ero tutto contento e credevo di aver trovato in Anassagora la verità sulla causa degli esseri, secondo il mio intendimento, e che egli mi avrebbe detto in primo luogo se la terra è piatta o è rotonda, e, dopo avermelo detto, me ne avrebbe spiegato lo scopo e la necessità... sennonché, andando avanti con la lettura, ho visto che il mio eroe non si serviva affatto dell’Intelletto e non gli attribuiva nessuna causa nell'ordinamento delle cose, bensì ricorreva, come al solito, all'aria, all'etere, al fuoco, all'acqua e ad altre strane cose.<ref>[http://presocratics.daphnet.org/agora_show_transcription?id=4399&siglum=59-A%2C47&data-title=59-A%2C47&data-verticalTitle=59-A%2C47&data-type=transcription&data-id=page_59-A%2C47&data-boxTitle=&data-replaceContent=&data-url=%2Fagora_show_transcription%3Fid%3D4399Platone, ''Fedone'', 97 b] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20170227233310/http://presocratics.daphnet.org/agora_show_transcription?id=4399&siglum=59-A%2C47&data-title=59-A%2C47&data-verticalTitle=59-A%2C47&data-type=transcription&data-id=page_59-A%2C47&data-boxTitle=&data-replaceContent=&data-url=%2Fagora_show_transcription%3Fid%3D4399Platone, |date=27 febbraio 2017 }}.</ref>}}


Socrate si dice entusiasta del ''nous'' di Anassagora, ma poi esprime la sua delusione proprio perché ritiene che non ne abbia tratto tutte le conseguenze, non avendogli attribuito un'intenzionalità.
Socrate si dice entusiasta del ''nous'' di Anassagora, ma poi esprime la sua delusione proprio perché ritiene che non ne abbia tratto tutte le conseguenze, non avendogli attribuito un'intenzionalità.


Intenzionalità introdotta da Platone con la figura del [[Demiurgo]], il "divino artefice", produttore divino del cosmo generato che interviene come causa razionale e provvidenziale, che plasma la materia secondo il modello delle Idee <ref>Platone, ''Timeo'', pag. 377, VI 29d-31b</ref>.
Intenzionalità introdotta da Platone con la figura del [[Demiurgo]], il "divino artefice", produttore divino del cosmo generato che interviene come causa razionale e provvidenziale, che plasma la materia secondo il modello delle Idee <ref>Platone, ''Timeo'', pag. 377, VI 29d-31b.</ref>.


==Nous come motore immobile in Aristotele==
==Nous come motore immobile in Aristotele==
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Nella ''[[Metafisica (Aristotele)|Metafisica]]'', Aristotele identifica pertanto il ''noûs'' divino nel primo [[motore immobile]], suprema perfezione, causa finale che attrae a sé «come la cosa amata» ogni ente che aspiri alla completezza della sua natura. Un motore che esplica l'unica attività o ''noesis'', non essendo comprensione di altro da sé, di comprendere il ''noûs'' stesso e «l'Intelligenza divina sarà una cosa sola con l'oggetto del suo pensare.» <ref>Aristotele, ''Metafisica'', 1074b 15 1075a 10.</ref>
Nella ''[[Metafisica (Aristotele)|Metafisica]]'', Aristotele identifica pertanto il ''noûs'' divino nel primo [[motore immobile]], suprema perfezione, causa finale che attrae a sé «come la cosa amata» ogni ente che aspiri alla completezza della sua natura. Un motore che esplica l'unica attività o ''noesis'', non essendo comprensione di altro da sé, di comprendere il ''noûs'' stesso e «l'Intelligenza divina sarà una cosa sola con l'oggetto del suo pensare.» <ref>Aristotele, ''Metafisica'', 1074b 15 1075a 10.</ref>

L'interpretazione è tuttavia controversa: [[Avicenna]]<ref>Citato in {{cita libro|url=https://www.academia.edu/28525867/Duns_Scoto_interprete_del_concetto_aristotelico_di_potenza?email_work_card=view-paper|titolo=Duns Scoto interprete del concetto aristotelico di potenza|autore=Chiara Maurelli|pagina=18|sito=[[Accademia.edu]]|anno=a a. 2015-2016|editore=[[Università di Padova]]|capitolo=La Potenza in Duns Scoto|accesso=9 settembre 2023|dataarchivio=28 maggio 2022|urlarchivio=https://archive.today/20220528192703/https://www.academia.edu/28525867/Duns_Scoto_interprete_del_concetto_aristotelico_di_potenza?email_work_card=view-paper|urlmorto=sì}} (tesi di laurea). Citazione: ''Questi, nel ''Libro della Guarigione'', dopo aver distinto essenza ed esistenza degli enti, determina il Primo Principio aristotelico, non più come semplice causa motrice del
movimento della realtà, quanto come causa efficiente dell’esistenza degli enti. Come già per Aristotele, la catena causale deve avere un termine, un motore iniziale di avvio, poiché non può andare infinitamente a ritroso.''</ref>, [[Franz Brentano]] e in tempi più recenti [[Enrico Berti|Berti]] intendono il ''Nous'' aristotelico come [[causa efficiente]].<ref>F. Brentano, ''Die Psychologie des Aristoteles'', Franz Kircheim, Mainz, 1867, 235. Citato in {{cita libro|url=https://philarchive.org/archive/TORAEL%26ved%3D2ahUKEwjHvsHmu6b6AhUR_7sIHaL8DbUQFnoECAsQAQ%26usg%3DAOvVaw0jc70E2w53DZnsKIoRbnrt|titolo=Anassagora e la sua ricezione in Aristotele|pagina=101 (abstract)|autore=David Torrijos-Castrillejo|editore=Mater Clementissima|anno=2014|sito=[[PhilPapers|PhilArchive]]|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220921180239/https://philarchive.org/archive/TORAEL|dataarchivio=21 settembre 2022|urlmorto=no|accesso=4 dicembre 2022}} (tesi di [[dottorato di ricerca|dottorato]]). Citazione:''Data questa possibilità, Dio sarebbe per Aristotele un essere in qualche senso [[provvidenza|provvidente]], poiché essendo intelligente (noesis noeseos) dovrebbe anche operare sul mondo con la ragione e la volontà.''</ref> Aristotele chiama il Nous Bene con l'iniziale maiuscola e lo definisce come [[causa (filosofia)|causa]] del bene e della [[bellezza]].<ref>David Torrijos-Castrillejo, 2014, p. 102.</ref>


[[Alessandro di Afrodisia]] <ref name="ReferenceA"/> vedrà in Aristotele il nous descritto come νοῦς ποιητικός, intelletto attivo esterno, impassibile, immortale ed eterno, che rende possibile all'uomo trasformare in atto le sue potenzialità conoscitive:
[[Alessandro di Afrodisia]] <ref name="ReferenceA"/> vedrà in Aristotele il nous descritto come νοῦς ποιητικός, intelletto attivo esterno, impassibile, immortale ed eterno, che rende possibile all'uomo trasformare in atto le sue potenzialità conoscitive:
{{Quote|...E c’è un intelletto analogo alla materia perché diviene tutte le cose, ed un altro che corrisponde alla causa efficiente perché le produce tutte, come una disposizione del tipo della luce, poiché in certo modo anche la luce rende i colori che sono in potenza colori in atto. E questo intelletto è separabile, impassibile e non mescolato, essendo atto per essenza, poiché sempre ciò che fa è superiore a ciò che subisce, ed il principio è superiore alla materia. Ora la conoscenza in atto è identica all’oggetto, mentre quella in potenza è anteriore per il tempo nell’individuo, ma, da un punto di vista generale, non è anteriore neppure per il tempo; e non è che questo intelletto talora pensi e talora non pensi. Quando è separato, è soltanto quello che è veramente, e questo solo è immortale ed eterno (ma non ricordiamo, perché questo intelletto è impassibile, mentre l’intelletto passivo è corruttibile), e senza questo non c’è nulla che pensi.<ref>Aristotele, De anima, 430 a 11</ref>}}
{{Citazione|...E c’è un intelletto analogo alla materia perché diviene tutte le cose, ed un altro che corrisponde alla causa efficiente perché le produce tutte, come una disposizione del tipo della luce, poiché in certo modo anche la luce rende i colori che sono in potenza colori in atto. E questo intelletto è separabile, impassibile e non mescolato, essendo atto per essenza, poiché sempre ciò che fa è superiore a ciò che subisce, ed il principio è superiore alla materia. Ora la conoscenza in atto è identica all'oggetto, mentre quella in potenza è anteriore per il tempo nell'individuo, ma, da un punto di vista generale, non è anteriore neppure per il tempo; e non è che questo intelletto talora pensi e talora non pensi. Quando è separato, è soltanto quello che è veramente, e questo solo è immortale ed eterno (ma non ricordiamo, perché questo intelletto è impassibile, mentre l’intelletto passivo è corruttibile), e senza questo non c’è nulla che pensi.<ref>Aristotele, De anima, 430 a 11.</ref>}}


Aristotele apriva così la domanda a cui tentarono di rispondere gli autori «dai più antichi alla scolastica araba e cristiana, fino all'aristotelismo rinascimentale [che] si posero il problema se esso facesse parte dell'anima umana o piuttosto della divinità, fornendo risposte differenti.» <ref>''Dizionario di filosofia Treccani alla voce corrispondente</ref>
Aristotele apriva così la domanda a cui tentarono di rispondere gli autori «dai più antichi alla scolastica araba e cristiana, fino all'aristotelismo rinascimentale [che] si posero il problema se esso facesse parte dell'anima umana o piuttosto della divinità, fornendo risposte differenti.» <ref>Dizionario di filosofia Treccani alla voce corrispondente</ref>


Aristotele introduceva inoltre la nozione di nous come [[intuizione]] intellettuale, una facoltà che intuisce i principi indimostrabili <ref>''Etica Nicomachea'', VI, 6, 1440 a 31 e segg.</ref>:
Aristotele introduceva inoltre la nozione di nous come [[intuizione]] intellettuale, una facoltà che intuisce i principi indimostrabili <ref>''Etica Nicomachea'', VI, 6, 1440 a 31 e segg.</ref>:
{{Quote|...l'osservazione di un numero anche limitato di casi basta all'intelligenza, secondo Aristotele, per distinguere nelle cose osservate i caratteri essenziali da quelli accidentali (astrazione), e per cogliere quindi - con una specie di salto intuitivo dai particolari all'universale - l'essenza delle cose stesse. Questo metodo è ancor più valido quando si tratti di conoscere i principi primi di ogni scienza (assiomi). In conclusione, per ciascuna scienza l'intelligenza (nóesis) stabilisce principi e le premesse, da cui poi il ragionamento (diánoia) trae le conclusioni specifiche. L'intera logica aristotelica è fondata su principi non dimostrabili ma colti direttamente dall'intelletto.<ref>L. Geymonat, ''Immagini dell'uomo'', Garzanti, Vol. I, 1989, p. 175</ref>}}
{{Citazione|...l'osservazione di un numero anche limitato di casi basta all'intelligenza, secondo Aristotele, per distinguere nelle cose osservate i caratteri essenziali da quelli accidentali (astrazione), e per cogliere quindi - con una specie di salto intuitivo dai particolari all'universale - l'essenza delle cose stesse. Questo metodo è ancor più valido quando si tratti di conoscere i principi primi di ogni scienza (assiomi). In conclusione, per ciascuna scienza l'intelligenza (nóesis) stabilisce principi e le premesse, da cui poi il ragionamento (diánoia) trae le conclusioni specifiche. L'intera logica aristotelica è fondata su principi non dimostrabili ma colti direttamente dall'intelletto.<ref>L. Geymonat, ''Immagini dell'uomo'', Garzanti, Vol. I, 1989, p. 175.</ref>}}


== Plotino ==
== Plotino ==
Il termine ''nous'' lo si ritrova più tardi in [[Plotino]] ([[III secolo]]) il quale ne recupera l'aspetto non volontario né intenzionale di Anassagora, pur assorbendolo nella dottrina del motore immobile di Aristotele <ref>Vittorio Mathieu, ''Come leggere Plotino, pag. 55, Bompiani, 2004.</ref> e facendolo per di più consistere nelle [[idee]] platoniche <ref>Enneadi, V, 5</ref>.
Il termine ''nous'' lo si ritrova più tardi in [[Plotino]] ([[III secolo]]) il quale ne recupera l'aspetto non volontario né intenzionale di Anassagora, pur assorbendolo nella dottrina del motore immobile di Aristotele <ref name=":0">Vittorio Mathieu, ''Come leggere Plotino'', pag. 55, Bompiani, 2004.</ref> e facendolo per di più consistere nelle [[idee]] platoniche <ref>Enneadi, V, 5.</ref>.


Il ''nous'' per Plotino è la prima emanazione dell'[[Uno (filosofia)|Uno]] e, in quanto tale, partecipa più delle altre della natura del divino, ma non è il creatore del mondo perché non è dio; esso emana da Dio, come il profumo da un corpo o la luce da una sorgente.<ref>[...] Come la luce splendente che circonda il sole che nasce da lui, benché esso sia immobile [...] così il fuoco fa nascere da sé il calore; la neve non conserva per sé tutto il suo freddo; ma soprattutto le cose odorose ne sono la prova (Enneadi, V, 1, 6).</ref>
Il ''nous'' per Plotino è la prima emanazione dell'[[Uno (filosofia)|Uno]] e, in quanto tale, partecipa più delle altre della natura del divino, ma non è il creatore del mondo perché non è dio; esso emana da Dio, come il profumo da un corpo o la luce da una sorgente.<ref>[...] Come la luce splendente che circonda il sole che nasce da lui, benché esso sia immobile [...] così il fuoco fa nascere da sé il calore; la neve non conserva per sé tutto il suo freddo; ma soprattutto le cose odorose ne sono la prova (Enneadi, V, 1, 6).</ref>


{{quote|L'atto di pensare non è primo né nell'ordine ontologico né in dignità, ma ha il secondo posto, e si produce perché il Bene lo fa esistere e, una volta generato, lo attrae a sé: e così il pensiero è mosso e vede. Pensare vuol dire muoversi verso il Bene e desiderarlo.|Enneadi, V, 6, 5 <ref>Trad. di G. Faggin, ''Enneadi'', D'Anna, 1971.</ref>}}
{{citazione|L'atto di pensare non è primo né nell'ordine ontologico né in dignità, ma ha il secondo posto, e si produce perché il Bene lo fa esistere e, una volta generato, lo attrae a sé: e così il pensiero è mosso e vede. Pensare vuol dire muoversi verso il Bene e desiderarlo.|Enneadi, V, 6, 5 <ref>Trad. di G. Faggin, ''Enneadi'', D'Anna, 1971.</ref>}}


Il Nous di Plotino non è neanche assimilabile al demiurgo platonico perché non opera in vista di un fine: esso genera involontariamente, come conseguenza del proprio "pensarsi", del proprio riflettere su se stesso.<ref>V. Mathieu, ''ivi''.</ref> È in questo modo che dal ''nous'' ha origine l'"[[anima del mondo]]", sorgente della vita e dell'universo, che veicolandone le idee negli organismi le fa diventare la loro forma strutturante immamente.
Il Nous di Plotino non è neanche assimilabile al demiurgo platonico perché non opera in vista di un fine: esso genera involontariamente, come conseguenza del proprio "pensarsi", del proprio riflettere su se stesso.<ref name=":0" /> È in questo modo che dal ''nous'' ha origine l'"[[anima del mondo]]", sorgente della vita e dell'universo, che veicolandone le idee negli organismi le fa diventare la loro forma strutturante immanente.


==Note==
==Note==
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* Stephen Menn, ''Plato on God as Nous'', Carbondale, Southern Illinois University Press, 1995.
* Stephen Menn, ''Plato on God as Nous'', Carbondale, Southern Illinois University Press, 1995.
* M. L. Silvestre, ''Significato e ruolo del Nous nella filosofia di Anassagora'', Il Contributo, 12, 1988, pp.&nbsp;29–52.
* M. L. Silvestre, ''Significato e ruolo del Nous nella filosofia di Anassagora'', Il Contributo, 12, 1988, pp.&nbsp;29–52.
* Fabio Stella, « La notion d'Intelligence (Noûs-Noeîn) dans la Grèce antique. D'Homère au Platonisme » [archive], sur journals.openedition.org, 17 février 2016 ([https://dx.doi.org/10.4000/methodos.4615 DOI 10.4000/methodos.4615])
* Fabio Stella, « L'origine des termes νόος-νοεῖν » [archive], sur journals.openedition.org, 22 février 2016 ([https://dx.doi.org/10.4000/methodos.4558 DOI 10.4000/methodos.4558])
* Fabio Stella, ''Noos e noein da Omero a Platone'', PUFC, 2021.


== Voci correlate ==
== Voci correlate ==
* [[Disegno intelligente]]
* [[Dio]]
* [[Ermotimo di Clazomene]]
* [[Intelletto]]
* [[Pensiero]]
* [[Pensiero]]


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Disambiguazione – Se stai cercando l'omonima rivista filosofica, vedi Noûs (rivista).
Disambiguazione – Se stai cercando il programma televisivo, vedi Noos - L'avventura della conoscenza.
L'ordine cosmico rappresentato come una serie di sfere concentriche, in un affresco di Piero di Puccio nel Camposanto monumentale di Pisa

Noûs (in greco antico: νοῦς?, noûs AFI: [ˈnuːs], contrazione dell'analogo ionico νόος, nóos) è un termine che in greco antico indica, a partire da Omero, la facoltà di comprendere un evento o le intenzioni di qualcuno [1], la facoltà mentale [2] quindi l'intelletto [3].

Il termine noûs in Omero

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Il termine νόος si riscontra per la prima volta in Omero, dove indica l'organo sede della rappresentazione delle idee chiare [4], quindi la "comprensione" [5], posseduta in misura maggiore dagli dèi [6]; quindi l'intendimento che le provoca [7].

Richard Broxton Onians nella sua opera maggiore Le origini del pensiero europeo rileva come nel periodo più antico di molte culture si possa rintracciare una «primordiale individuazione dell'importanza delle parole per il pensiero» e dell'associazione di queste «al respiro insieme al quale vengono emesse» [8]. Nei poemi omerici, secondo lo stesso autore, il pensare, il nous, si identifica con il parlare, la cui sede è in organi corporei che vanno dal petto alla bocca: «Esso ha sede nel petto, e come risulta da almeno due passi[9], sembra venisse identificato con il cuore.»[10] come sembra confermare successivamente Empedocle quando sostiene che il cuore «dimora nel mare di sangue che ribolle intorno a esso, laddove principalmente si trova ciò che gli uomini chiamano pensiero [noema].» [11] . Ma sempre nell'Iliade Posidone apostrofa Apollo come colui che ha un "cuore privo di νόος"[12] e inoltre nell' Odissea nόοs appare esprimere piuttosto un obiettivo o un risultato di un'azione della coscienza[13], il che dimostrebbe che in origine il νόος non indicasse una parte del corpo[14]

In Omero il νόος risulterebbe collegato alla percezione visiva degli accadimenti [15] dove, tuttavia, più che intenderlo come percezione sensoriale viene indicato come capacità di essere consapevoli in modo immediato della circostanza o dell'avvenimento a cui si assiste e di capire le vere intenzioni, al di là di ciò che appare, di qualcuno. Il νόος distinto dagli organi di senso viene quindi ritenuto infallibile e di natura divina.[16].

Il νόος esprime, quindi, nei poemi omerici, «sia un movimento specifico, un proposito, sia un'entità in certo modo stabile, ciò che mette in movimento, la coscienza funzionale allo scopo»[17]. Il νόος possiede anche il significato di "intelligenza" o "intelletto" ma a differenza di queste non è evidentemente materiale e quindi non può essere ferito dalle armi[17]. Non è nemmeno semplice "intelletto" in quanto risulta dinamico ed emotivo[18].

«Il νοῦς vede, il νοῦς sente: tutto il resto è sordo e cieco.»

Le prime attestazioni in ambito filosofico: Talete, Pitagora, Eraclito e Parmenide

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  • Nell'ambito della storia della filosofia il termine νοῦς lo incontriamo per la prima volta con una sentenza di Talete, almeno per quanto attiene a ciò che riferisce Diogene Laerzio (I,35):
(GRC)

«[...] τί τάχιστον; Νοῦς. Διὰ παντὸς γὰρ τρέχει.»

(IT)

«[Di tutti gli esseri...] il più veloce è l'intelletto (νοῦς), perché corre ovunque.»

  • Pitagora, almeno secondo quanto afferma Aezio[19], avrebbe sostenuto che la nostra anima (ψυχή) sarebbe composta dalla tetrade (τετράδος): intelletto (νοῦς), conoscenza (ἐπιστήμη), opinione (δόξα), percezione (αἴσθησις).
  • Eraclito[20] individua nel termine una sapienza originaria che dovrebbe risultare comune a tutti gli uomini[21]. Così ci sono coloro che parlano con νοῦς (fr. 114) e l'erudizione non è segno di νοῦς (fr. 40)
  • Parmenide quando divide la conoscenza tra opinioni non vere e verità, utilizza il verbo νοεῖν ("l'atto del pensare") e i termini νόημα (termine arcaico utilizzato da Parmenide: il "pensiero", cfr. fr.16) e νοητόν ("ciò che è pensato") per indicare l'attività noetica che sola realizza la vera conoscenza [22].

Il Νoûs in Anassagora: Intelligenza divina che organizza il mondo

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Anassagora, dettaglio da un affresco nel portico dell'Università Nazionale Capodistriana di Atene

Con Anassagora il termine νοῦς emerge in tutto il suo significato metafisico[23]. Questo fatto era noto a Cicerone, che nel De natura deorum (I, 11, 26) così si esprime:

(LA)

«Inde Anaxagoras, qui accepit ab Anaximene disciplinam, primus omnium rerum discriptionem et modum mentis infinitae vi ac ratione dissignari et confici voluit.»

(IT)

«Poi Anassagora, che fu continuatore di Anassimene, per primo sostenne che l'ordinata struttura dell'universo è progettata e realizzata dalla potenza e dalla razionalità di una mente infinita.»

Il quale probabilmente lo riprendeva da Platone che nel Fedone (97 B) riporta:

«Ma, un giorno, io udii un tale leggere un libro, che affermava essere di Anassagora, il quale diceva che è l'Intelligenza che ordina e che causa tutte le cose.»

Tale "Intelligenza" viene indicata da Giovanni Reale come "divina"[24] anche se nei frammenti del filosofo che possediamo tale qualifica "divina" non viene mai assegnata al νοῦς[25], ma Werner Jaeger nota in merito:

«Recentemente si è fatto notare che le affermazioni di Anassagora sul nus ricordano per la forma linguistica lo stile dell'inno e imitano volutamente questo modello. [...] in nessuno dei frammenti che possediamo è detto esplicitamente che egli abbia attribuito allo spirito qualità divine. Ciò nonostante questo deve essere stato il suo insegnamento, e lo conferma la forma dell'inno con la quale egli riveste gli attributi del nus. Un'altra conferma è data anche dal contenuto di queste sue affermazioni. Gli attributi: illimitato, sovrano, non-misto e autonomo giustificano pienamente il tono elevato in cui il filosofo parla di questo principio supremo.»

In Anassagora tale "Intelligenza divina", il νοῦς, in qualità di potenza attiva e ordinatrice, organizza il caos (ἄπειρον, ápeirōn), creando così il mondo[26]:

«Per primo pose l'Intelligenza al di sopra della materia. L'inizio del suo scritto - che è composto in stile piacevole- è il seguente "Tutte le cose erano insieme; poi venne l'Intelligenza, le distinse e le pose in ordine".»

Così l'Intelligenza, il νοῦς, separa le cose che prima erano mescolate[27]. L'Intelligenza[28] è "eterna", "autonoma" e separata dalle cose.

Aristotele[29] ricorda che se per Anassagora il νοῦς ha messo in moto l'universo dando origine alle cose, risultando anche di essere la causa del bello e dell'ordine, non distingue chiaramente (a differenza di Democrito che invece li intende eguali) il νοῦς (l'Intelligenza) dalla ψυχή (l'anima) degli esseri animati.

Per quanto attiene alla "natura" del Νoûs, l'Intelligenza divina, concepito da Anassagora, Eduard Zeller[30] considerandolo come essere incorporeo lo traduce con il termine tedesco Geist (Spirito) anche se poi aggiunge «ed anche se di fatto il concetto di incorporeo non appaia molto chiaro nella sua esposizione non si può far carico alla sola inadeguatezza del suo linguaggio, anche se forse egli ha realmente concepito lo spirito come una più fine materia che muovendosi nello spazio penetra in tutte le cose, tutto ciò non fa velo alla sua intenzione», di fatto consegnandogli una "fine" materialità. Di tutt'altro avviso Giovanni Reale[31] per il quale il Νoûs va certamente considerato "materia": « il fatto che il "Nous" non sia composto non implica eo ipso la sua "immaterialità": è semplicemente una materia che, per la sua privilegiata natura, può mescolarsi alle altre cose senza che queste si mescolino con essa.», questo alla luce del fatto che, secondo Reale, l'orizzonte dei presocratici «ignora le due categorie di materia e spirito».

Il noûs in Platone

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Nel Fedone, Platone fa dire a Socrate:

«Avendo udito un tale, che diceva di aver letto il libro dove Anassagora afferma essere l'Intelletto l'Ordinatore e la Causa di tutte le cose, godetti di questa spiegazione e pensai che, se la cosa fosse stata in questi termini, l'Intelletto avrebbe messo in ordine tutto e avrebbe disposto ogni cosa nel modo migliore... Ragionando in tal modo ero tutto contento e credevo di aver trovato in Anassagora la verità sulla causa degli esseri, secondo il mio intendimento, e che egli mi avrebbe detto in primo luogo se la terra è piatta o è rotonda, e, dopo avermelo detto, me ne avrebbe spiegato lo scopo e la necessità... sennonché, andando avanti con la lettura, ho visto che il mio eroe non si serviva affatto dell’Intelletto e non gli attribuiva nessuna causa nell'ordinamento delle cose, bensì ricorreva, come al solito, all'aria, all'etere, al fuoco, all'acqua e ad altre strane cose.[32]»

Socrate si dice entusiasta del nous di Anassagora, ma poi esprime la sua delusione proprio perché ritiene che non ne abbia tratto tutte le conseguenze, non avendogli attribuito un'intenzionalità.

Intenzionalità introdotta da Platone con la figura del Demiurgo, il "divino artefice", produttore divino del cosmo generato che interviene come causa razionale e provvidenziale, che plasma la materia secondo il modello delle Idee [33].

Nous come motore immobile in Aristotele

[modifica | modifica wikitesto]

Aristotele definisce Anassagora "uomo assennato" [34] per avere detto che c'è un intelletto anche negli elementi della natura, così come negli esseri viventi, causa della bellezza e dell'ordine dell'universo, ma gli rimprovera di averlo usato solo come causa efficiente.[35] Il Nous è da intendere invece come causa finale del mondo. Le cose tendono verso di lui spinte dall'ammirazione e dall'amore. Il motore immobile attrae a sé le cose del mondo come l'amato, pur restando immobile, attrae a sé l'amante.[36]

Nella Metafisica, Aristotele identifica pertanto il noûs divino nel primo motore immobile, suprema perfezione, causa finale che attrae a sé «come la cosa amata» ogni ente che aspiri alla completezza della sua natura. Un motore che esplica l'unica attività o noesis, non essendo comprensione di altro da sé, di comprendere il noûs stesso e «l'Intelligenza divina sarà una cosa sola con l'oggetto del suo pensare.» [37]

L'interpretazione è tuttavia controversa: Avicenna[38], Franz Brentano e in tempi più recenti Berti intendono il Nous aristotelico come causa efficiente.[39] Aristotele chiama il Nous Bene con l'iniziale maiuscola e lo definisce come causa del bene e della bellezza.[40]

Alessandro di Afrodisia [1] vedrà in Aristotele il nous descritto come νοῦς ποιητικός, intelletto attivo esterno, impassibile, immortale ed eterno, che rende possibile all'uomo trasformare in atto le sue potenzialità conoscitive:

«...E c’è un intelletto analogo alla materia perché diviene tutte le cose, ed un altro che corrisponde alla causa efficiente perché le produce tutte, come una disposizione del tipo della luce, poiché in certo modo anche la luce rende i colori che sono in potenza colori in atto. E questo intelletto è separabile, impassibile e non mescolato, essendo atto per essenza, poiché sempre ciò che fa è superiore a ciò che subisce, ed il principio è superiore alla materia. Ora la conoscenza in atto è identica all'oggetto, mentre quella in potenza è anteriore per il tempo nell'individuo, ma, da un punto di vista generale, non è anteriore neppure per il tempo; e non è che questo intelletto talora pensi e talora non pensi. Quando è separato, è soltanto quello che è veramente, e questo solo è immortale ed eterno (ma non ricordiamo, perché questo intelletto è impassibile, mentre l’intelletto passivo è corruttibile), e senza questo non c’è nulla che pensi.[41]»

Aristotele apriva così la domanda a cui tentarono di rispondere gli autori «dai più antichi alla scolastica araba e cristiana, fino all'aristotelismo rinascimentale [che] si posero il problema se esso facesse parte dell'anima umana o piuttosto della divinità, fornendo risposte differenti.» [42]

Aristotele introduceva inoltre la nozione di nous come intuizione intellettuale, una facoltà che intuisce i principi indimostrabili [43]:

«...l'osservazione di un numero anche limitato di casi basta all'intelligenza, secondo Aristotele, per distinguere nelle cose osservate i caratteri essenziali da quelli accidentali (astrazione), e per cogliere quindi - con una specie di salto intuitivo dai particolari all'universale - l'essenza delle cose stesse. Questo metodo è ancor più valido quando si tratti di conoscere i principi primi di ogni scienza (assiomi). In conclusione, per ciascuna scienza l'intelligenza (nóesis) stabilisce principi e le premesse, da cui poi il ragionamento (diánoia) trae le conclusioni specifiche. L'intera logica aristotelica è fondata su principi non dimostrabili ma colti direttamente dall'intelletto.[44]»

Il termine nous lo si ritrova più tardi in Plotino (III secolo) il quale ne recupera l'aspetto non volontario né intenzionale di Anassagora, pur assorbendolo nella dottrina del motore immobile di Aristotele [45] e facendolo per di più consistere nelle idee platoniche [46].

Il nous per Plotino è la prima emanazione dell'Uno e, in quanto tale, partecipa più delle altre della natura del divino, ma non è il creatore del mondo perché non è dio; esso emana da Dio, come il profumo da un corpo o la luce da una sorgente.[47]

«L'atto di pensare non è primo né nell'ordine ontologico né in dignità, ma ha il secondo posto, e si produce perché il Bene lo fa esistere e, una volta generato, lo attrae a sé: e così il pensiero è mosso e vede. Pensare vuol dire muoversi verso il Bene e desiderarlo.»

Il Nous di Plotino non è neanche assimilabile al demiurgo platonico perché non opera in vista di un fine: esso genera involontariamente, come conseguenza del proprio "pensarsi", del proprio riflettere su se stesso.[45] È in questo modo che dal nous ha origine l'"anima del mondo", sorgente della vita e dell'universo, che veicolandone le idee negli organismi le fa diventare la loro forma strutturante immanente.

  1. ^ a b Enciclopedia Garzanti di filosofia alla voce corrispondente
  2. ^ Vocabolario greco della filosofia, a cura di Ivan Gobry, Milano, Bruno Mondadori, 2004, p. 144.
  3. ^ Linda Napolitano, Enciclopedia filosofica vol. 8, Milano, Bompiani, 2006, p. 7956.
  4. ^ In Omero νόος «è lo spirito [...] sede di rappresentazioni chiare» Bruno Snell citato da Linda Napolitano, Op. cit. p. 7956 che più avanti lo indica come "organo che le suscita e intendimento".
  5. ^ Iliade IX, 104.
  6. ^ Iliade XVI, 688-690 e XVII 176-178.
  7. ^ Odissea V, 23.
  8. ^ R. B. Onians, Le origini del pensiero europeo, Milano, Adelphi, 1998 p. 36.
  9. ^ Odissea III, 60-64; IX, 553 sg., 646. Rendiamo qui come Odissea e non come Iliade, così erroneamente riportato invece in nota n. 5, p. 106 dell'edizione italiana dell'opera di Richard Broxton Onians.
  10. ^ Richard Broxton Onians, Le origini del pensiero europeo, Milano, Adelphi, 2006, p. 106.
  11. ^ Empedocle, DK B 105.
  12. ^ «ἄνοον κραδίην» Iliade, XXI, 441.
  13. ^ «οὐ γὰρ δὴ τοῦτον μὲν ἐβούλευσας νόον αὐτή»: "questo νόος non l'hai progettato tu stessa?", Odissea V, 23
  14. ^ Richard Broxton Onians, Op. cit., p. 106.
  15. ^ Iliade, XV, 422
  16. ^ Enciclopedia Garzanti di Filosofia alla voce corrispondente
  17. ^ a b Richard Broxton Onians, op.cit., p.107.
  18. ^ Richard Broxton Onians, op. cit., p. 107.
  19. ^ I, 3, 8; D-K 58 B 15.
  20. ^ D-K 22 B 2.
  21. ^ «ciò che dovrebbe essere comune (κοινός) a tutti è ξυνον = σὺν νᾠ "unito a intelletto" (fr. 2) forma originaria di sapienza.» (cfr. Linda Napolitano, Enciclopedia filosofica vol. 8, Milano, Bompiani, 2006, p. 7956.
  22. ^ Linda Napolitano, Enciclopedia filosofica vol.8, Milano, Bompiani, 2006, p.7956.
  23. ^ Vocabolario greco della filosofia, a cura di Ivan Gobry, Milano, Bruno Mondadori, 2004, p.146
  24. ^ Giovanni Reale, Storia della filosofia greca e romana, vol. 1, Milano, Bompiani, 2004, p.232; ma anche Giovanni Reale, Il pensiero antico, Milano, Vita e Pensiero, 2001, p. 49.
  25. ^ Werner Jaeger, La teologia dei primi pensatori greci, Firenze, La Nuova Italia, 1982, p. 249.
  26. ^ Vocabolario greco della filosofia, a cura di Ivan Gobry, Milano, Bruno Mondadori, 2004, p. 146.
  27. ^ Anassimandro D-K 59 B 13
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  29. ^ Aristotele, Dell'anima, I (Α) 2.
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  38. ^ Citato in Chiara Maurelli, La Potenza in Duns Scoto, su Duns Scoto interprete del concetto aristotelico di potenza, Accademia.edu, Università di Padova, a a. 2015-2016, p. 18. URL consultato il 9 settembre 2023 (archiviato dall'url originale il 28 maggio 2022). (tesi di laurea). Citazione: Questi, nel Libro della Guarigione, dopo aver distinto essenza ed esistenza degli enti, determina il Primo Principio aristotelico, non più come semplice causa motrice del movimento della realtà, quanto come causa efficiente dell’esistenza degli enti. Come già per Aristotele, la catena causale deve avere un termine, un motore iniziale di avvio, poiché non può andare infinitamente a ritroso.
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  40. ^ David Torrijos-Castrillejo, 2014, p. 102.
  41. ^ Aristotele, De anima, 430 a 11.
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  47. ^ [...] Come la luce splendente che circonda il sole che nasce da lui, benché esso sia immobile [...] così il fuoco fa nascere da sé il calore; la neve non conserva per sé tutto il suo freddo; ma soprattutto le cose odorose ne sono la prova (Enneadi, V, 1, 6).
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Voci correlate

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Collegamenti esterni

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